”Folle d’amore”: Roberto Faenza inquadra Alda Merini

29 Marzo 2024

Il 14 marzo è uscito sulla Rai per una coproduzione Rai Fiction e Jean Vigo Italia “Folle D’amore” il biopic di Roberto Faenza liberamente ispirato al libro “Perché ti ho perduto” di Vincenza Alfano. Inquadrare subito la cornice nella quale il film si muove è necessario per comprendere il filtro con il quale dobbiamo approcciarci alla visione e all’analisi del film. Parliamo di un film pensato per la tv di 110 minuti che racconta la vita tormentata e meravigliosa della più celebre e profonda poetessa italiana contemporanea. Impresa ardua! Roberto Faenza mette in scena con amorevole prudenza le tappe salienti di una vita densa che è stata magma emotivo pulsante. Lo fa in modo canonico mediante una linea narrativa articolata su tre momenti che fotografano tre stati d’animo ben precisi. Un’adolescente e impetuosa Alda Merini interpretata da Sofia d’Elia. Una giovane Alda Merini tormentata da amori, poesia e disagi pischiatrici, interpretata da Rosa Diletta Rossi. Ed Infine la vita della “poetessa dei navigli” tra redenzione e accettazione interpretata da Laura Morante. L’espediente che da il via alla narrazione è l’incontro tra la poetessa già adulta e il giovane Arnoldo Mosca Mondadori (Federico Cesari) in una Milano a fine anni ‘90. Tra i due nasce un’amicizia sincera che confluisce in lunghe conversazioni nelle quali si rievoca un passato colmo di vita tra amori burrascosi e maternità. Tra i ciclici ricoveri in manicomio e il successo.
Sorprende la bravura di un parterre di attori così giovani (Sofia D’elia-Rosa Diletta Rossi- Federico Cesari). E c’è della bellezza nel modo con cui la luce di una recitazione che tenta di avvicinarsi all’inavvicinabile prenda forma con amorevole tatto.
Purtroppo l’idiosincrasia che non consente al film di essere incisivo risiede tutta nella distanza tra lo stile classico e comprensibilmente rispettoso che il regista decide di adoperare e l’incontenibile forza vitale che Alda Merini ha impresso a tutti i giorni della sua vita. E’ l’impari sfida tra Prosa e Poesia. Ma è anche la frattura di una storia che non osa intraprendere la strada del coraggio nel dipingere l’ardore di una donna che ha fatto della folle passione la sua più intima essenza.
Solo sul finale si ha l’impressione che Faenza si liberi dagli schemi con un impeto di sana follia. Ma forse è già tardi.
Ne esce un biopic conforme compresso in un tempo narrativo misero se messo in relazione alla portata del mito che vuole raccontare. Tale compressione non lascia all’emozione il giusto respiro che la catarsi esige scandendo come una pendolo tapp

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