Il Teatrosophia ha aperto la stagione teatrale 22/23 con lo spettacolo “La Particina. Il vero protagonista di Romeo e Giulietta” in scena dal 7 al 9 ottobre, scritto ed interpretato da Giuseppe Manfridi, in scena con il figlio Lorenzo, con la regia di Claudio Boccaccini.
Lo spettacolo inizia al serrarsi delle porte del teatro: ancora nel foyer si fa largo tra il pubblico lo stesso Manfridi padre che, presentandosi come una “guida”, accoglie i presenti con una definizione dal sapore ittologico-teatrale. Con in mano, a sorpresa, l’omonimo pesce, la guida spiega cos’è una tinca: un pesce d’acqua dolce che si nasconde nei fondi melmosi, ma nel gergo teatrale identifica un attore con poche battute e scarsa importanza per l’azione, per l’appunto, una “particina”. Chiaramente la guida vuole parlare del secondo tipo di tinca: come un novello Virgilio ci conduce nelle profondità del Teatrosophia, in quel luogo dove realtà e finzione riescono a coesistere solo perché separati da quel velo magico che divide la sala dal palcoscenico. Superato il velo, la guida si ritrova sul palco in una biblioteca onirica, intenta ad osservare, dormiente, un raro esempio di tinca teatrale; questa ci viene presentato come una particina d’autore, di altissima dignità artistica e letteraria: niente di meno che Baldassarre, il messaggero che nel “Romeo e Giulietta” di Shakespeare informa il suo padrone Romeo della morte dell’amata, in realtà solo dormiente, e provoca il suicidio di quest’ultimo seguito da quello di Giulietta poco dopo appena svegliata.
Attraverso uno scambio di battute acuto e ironico, Baldassarre acquisisce sempre più consapevolezza di sé e della sua parte all’interno della storia. Sebbene abbia poche apparizioni e battute, ai fini della narrazione ha il ruolo importante di generare il dramma attraverso un fraintendimento: certo è, a modo suo, la causa dell’esito tragico della vicenda, ma è anche grazie a lui che The Most Excellent and Lamentable Tragedy of Romeo and Juliet è quel capolavoro che di diritto ha un posto di primo piano nel pantheon della letteratura drammatica di sempre. Spesso il prezzo dell’immortalità è, ahimè, proprio la tragedia. Presa finalmente coscienza di sé, l’estasi di Baldassarre raggiunge il suo massimo nel climax finale: la realizzazione di essere stato, per una volta e chissà per quante altre ancora, il protagonista della spettacolo appena rappresentato.
Il teatro, per le sue caratteristiche precipue, viene spesso adoperato come metafora della vita. Il sociologo Erving Goffman ne “La vita quotidiana come rappresentazione”, come anche Pirandello in “Uno, nessuno, centomila”, ritengono che ognuno di noi, nel proprio piccolo, reciti una parte sul palcoscenico della propria esistenza. In un mondo che cresce rapidamente, è notizia di pochi giorni fa la previsione del raggiungimento di 8 miliardi di persone sul pianeta Terra, può diventare sempre più difficile il valore del proprio ruolo nel grande computo delle cose. “La Particina” di Giuseppe Manfridi ha il grande merito di ricordarci che, nel proprio piccolo, ognuno è il protagonista della propria storia personale. Un costante friendly reminder del fatto che nella vita, come nel teatro, non ci sono piccole parti, ma solo piccoli attori.