Il filo rosso della gelosia: L’Otello di Luigi Siracusa tra femminicidi e umanità

25 Luglio 2024

“A mollo nella vasca da bagno del tempo

Non uscirò prima di avere le dita grinze

Ma ho vissuto poco finora

E dicono che il meglio verrà da ora in poi

Ma ho già sbagliato tanto finora

Ed ho imparato tanto ma sbaglio ancora e poi”

Il filo rosso della gelosia, dell’ambizione, dell’invidia, della bramosia, avvicina, stringe, lega, soffoca, logora, uccide i protagonisti di Otello, classico della drammaturgia Shakespeariana che il regista Luigi Siracusa rilegge con sorprendente attualità, senso critico e sensibilità. Spogliato di orpelli, sovrastrutture, congetture, il testo, con le anime dei suoi personaggi, gli intrighi, i sotterfugi, le debolezze umane, gli squallidi istinti, emerge dirompente, trovando sostegno e sostanza sul lavoro attoriale dei sei interpreti che, forti ognuno delle proprie peculiarità, vanno poi a comporre un ingranaggio perfetto, a cesellare un quadro di umana drammaticità, a muovere una danza corale intorno ad un letto/ altare testimone di passione e sangue.

Su tutti domina Iago che, pieno della sua brama di potere, di avidità e gelosia nei confronti di Otello, il Moro, novello sposo della bella e pura Desdemona, ordisce un terribile piano, servendosi di sua moglie Emilia, del debole Roderigo e del leale Cassio, che porterà ad un’escalation di intrighi, dolore e morte.

Iago odia Otello per non essere stato nominato suo luogotenente. Ruolo per il quale il Moro ha scelto Cassio. Nella notte in cui il padre di Desdemona apprende del matrimonio della figlia, ad Otello viene affidato dal Doge il compito di comandare l’esercito della Serenissima contro i turchi nell’isola di Cipro. Otello, allora, parte con Cassio, Desdemona, Iago e sua moglie Emilia, che ha il compito di tenere compagnia a Desdemona. A loro si accoda Roderigo, succube di Iago e segretamente innamorato di Desdemona. Proprio a Cipro Iago instilla nel Moro il dubbio del tradimento di Desdemona. La donna, però, è innocente, come lo è il buon Cassio a cui viene attribuito falsamente il ruolo di amante. Otello diventa così schiavo della gelosia e, fuori di sé, uccide la donna che ama e poi si toglie la vita.

Il plot dell’Otello è noto a tutti, ma ciò che colpisce dell’adattamento di Siracusa, che mi ha fatto provare la sensazione di vedere Otello per la prima volta, è l’abilità di mostrare le sfaccettature umane di ogni personaggio: Iago – Francesco Sferrazza Papa, spregevole e diabolico, Otello- Gianluigi Rodrigues, pazzo di amore e di malata gelosia, Roderigo- Luca Carbone ingenuo e innamorato, Cassio- Laurence Mazzoni valoroso e leale, Desdemona- Zoe Zolferino pura e fedele, Emilia- Eleonora Pace succube e ingenua.

Il regista ci mostra le debolezze di ognuno, i punti deboli, le fragilità umane che li rendono vicini a noi, facendoci empatizzate con loro, risucchiati dal vortice dei loro pensieri, passioni e incubi, e in questo modo, celebrando più che mai l’eterna valenza e bellezza della poetica e delle tematiche immortali di Shakespeare.  

In questo caso, l’attualità si dipana dirompente facendo luce su quello che è un terribile, duplice, femminicidio e sulla condizione di violenza fisica e psicologica, oltre che di sottomissione, vissuta dalle donne.

Desdemona non è diversa dalle centinaia di vittime di femminicidio degli ultimi mesi, umiliata dalle gelosie infondate del marito, offesa, insultata, timorosa e allo stesso tempo innamorata a tal punto del suo Otello da giustificargli ogni comportamento malato, fino al tragico epilogo. Stessa sorte per la sua fidata Emilia. Donne uccise dai propri mariti, da uomini che avevano amato con tutte se stesse, uomini vittime di assurde fragilità che si trasformano in mostruosi e malati istinti che soffocano libertà, vita, bellezza, sogni.

E  il letto al centro della scena, che si rifà all’installazione “My bed” di Tracey Emin che raggruppava tutti quegli oggetti che rappresentavano la vita dell’artista e la fine della sua relazione sentimentale, in questo caso, da talamo nuziale si trasforma in altare sacrificale che raccoglie tutti quei peccati, quelle colpe malsane, che hanno condotto alla morte di due donne senza peccato. Letto testimone di morte, amore, passione, delitti.

Così, urlando con un soffio di voce, su quel letto, Desdemona ed Emilia lasciano la vita smascherando e denunciando nefandezze e meschinità, cullate dalla melodia della dolce canzone “Nella vasca da bagno del tempo” di Erica Mou, che si fa metafora di esistenze sacrificate, immolate, che hanno vissuto poco e che probabilmente potranno ambire al meglio in un aldilà. Forse tra i momenti più toccanti della pièce che, in qualche modo, mi ha riconciliato con la drammaturgia del Bardo, in quanto ci spinge a guardarci dentro, intorno, collocandosi perfettamente nell’oggi, nei nostri tempi, descrivendoli, denunciando le nostre debolezze e criticità. I mali da affrontare. Luigi Siracusa riesce nell’intento potendo contare su un cast di attori di altissimo livello, che rendono ancora di più ì personaggi e la vicenda vicina a noi: Francesco Sferrazza Papa, Gianluigi Rodrigues, Laurence Mazzoni, Zoe Zolferino, Luca Carbone, Eleonora Pace si muovono in abiti contemporanei, guardano negli occhi gli spettatori, puntano sulla potenza delle anime, dei sentimenti, dando unità allo scorrere del tempo, al fluire dei luoghi.

Tutti colpevoli, forse. Di sicuro, tutti vinti.

Lo spettacolo ha debuttato in anteprima nazionale all’Altrove Teatro Festival di Terracina, nella suggestiva cornice del Tempio di Giove, con il mare e il cielo a fare da fondale, e proseguirà la tournée nei teatri per tutto il 2024/2025.

Uno spettacolo da vedere in questa “vasca da bagno del tempo” in cui possiamo invecchiare lentamente ricchi di nuove consapevolezze, grazie alla potenza del teatro e dell’arte.

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