Pablo Larrain torna al Lido, ad un anno dal suo horror e dramma familiare El Conde, con Maria. Un nuovo biopic che si unisce e chiude la trilogia sulle figure femminili del XX secolo aperta con la first lady Jacqueline “Jackie Kennedy ” Bouvier e continuata nel 2021 con il film su Lady Diana Spencer. Dopo aver lavorato con Natalie Portman e Kristen Stewart ora è il momento di un’altra attrice di Hollywood: Angelina Jolie che torna davanti allo schermo dopo qualche anno dal Marvel cinecomic Eternals di Chloé Zhao. Anche per questo film il regista cileno ritorna a collaborare con lo sceneggiatore britannico Steven Knight dopo l’esperienza con Spencer che si focalizzava tutto sulla “ricostruzione immaginaria” delle vacanze natalizie reali a Sandringham nel 1991.
Maria, in Concorso alla 81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, si apre con la morte della Callas, avvenuta nel suo appartamento parigino al 36 di Avenue George Mandel il 16 settembre 1977. Da qui parte un montaggio con un susseguirsi d’immagini della soprano, in cui viene mostrata in alcune performance sui palchi teatrali più prestigiosi o con Aristotle Onassis, ma non con video di repertorio, come in un docufilm, ma con Angelina Jolie. Come era già successo con i precedenti Jackie e Spencer anche stavolta non si cerca, come purtroppo succede nei lungometraggi biografici l’ampio uso delle protesi e delle maschere che annulla l’espressività dell’interprete stesso, la totale copia dell’originale. Infatti l’attrice americana, non assomiglia troppo alla vera cantante, ma grazie alla recitazione riesce benissimo a trasformarsi in lei e trasmettere anche la sua inconfondibile voce.
Questo film è ambientato durante l’ultima settimana di Maria, in pieno isolamento della vita mondana e in compagnia solo di due barboncini e dei suoi due fidati collaboratori domestici interpretati da Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino. I nostri attori italiani, ormai tra i più famosi all’estero, sono una la colf e l’altro il maggiordomo-autista e sono perfetti nei ruoli di spalle alla Jolie nei panni della diva ormai stanca di vivere. Pablo Larrain, ancora una volta, porta sul grande schermo l’umanità e le fragilità della sua protagonista, che ormai in questo caso non mangia più e ingoia solo medicinali che gli causano visioni come quella di Mandrax, un giovane giornalista recitato dall’attore Kodi Smit-McPhee, che si chiama proprio come uno dei suoi farmaci.
Tra mostrare una Callas solitaria che cammina per Parigi, che vuole ritrovare la voce e che ogni giorno si dirige in un teatro cittadino c’è anche un ottimo ampio utilizzo di flashback in bianco e nero, che svelano pian piano chi era La Callas e come è diventata il soprano più famoso del Novecento. Queste scene sono un estensione di quello che già si vedeva del montaggio iniziale, tra la svolta della sua carriera nel ruolo di Elvira ne I puritani e l’incontro con Onassis si mostra anche un appuntamento con il Presidente John Kennedy, anche se sarebbe stato più interessante un bel faccia a faccia con la futura Jacqueline Onassis magari interpretata di nuovo dalla Portman.
Per concludere questo film è un omaggio, prima di tutto, alla diva che con la sua voce è riuscita ad incantare generazioni d’amanti della lirica ma anche la prova della carriera artistica della Jolie che punta alla Coppa Volpi ma anche all’Oscar 2025.