#BACKTHEDESK X WAIRAKI

23 Marzo 2022
Foto di Davide Santinello

Banquo Magazine si apre al “dietro le quinte musicali”, andando ad analizzare quelle figure lavorative che si trovano alle spalle dei singoli artisti, necessari per la realizzazione e il successo finale del progetto. Dietro ogni singolo progetto, canzone o album che sia, appunto, è il team a vincere. Ecco, dunque, #BACKTHEDESK, la nuova rubrica che si occupa, di dar voce e spazio a producer, lavoratori dello spettacolo, manager, A&R, discografici, editori, ecc.

Per inaugurare questo nuovo appuntamento, abbiamo deciso di confrontarci con Waraiki, producer e pioniere indiscusso della scena rap e trap padovana.

Vogliamo fare un piccolo viaggio nel mondo di Wairaki, dal passato fino ad arrivare al futuro, passando attraverso le sue interessanti esperienze, le collaborazioni con importanti nomi del panorama musicale , ed indagando l’affascinante ruolo del pruducer e della produzione.

Quali sono stati gli ascolti che hanno influenzato il tuo percorso artistico?

Da bambino ascoltavo molto la radio, quindi principalmente musica pop, sia italiana che internazionale. Sono cresciuto negli anni 90, quindi, al rientro da scuola, guardavo ore di videoclip su MTV, ero ipnotizzato. Ho un sacco di ricordi legati alla musica, soprattutto di viaggi in macchina, a seconda di chi guidava cambiava la lingua e il genere musicale degli interpreti: con mio padre, ad esempio, ascoltavo tanta salsa, cumbia, bachata, invece, con mia madre, più musica rock e cantautorato. Il rap italiano l’ho scoperto alle scuole medie tramite un cd masterizzato che arrivava dal fratello maggiore di un’amica. A quell’epoca ero nella sezione musicale della scuola e provavo a suonare il pianoforte, quindi il rap era il mio modo per andare contro corrente e trasgredire. Crescendo ho cambiato tante volte punto di vista sulla musica che faccio e sulla musica che ascolto, ma penso che ad oggi il mio punto di riferimento più grande sia Bob Marley. Vorrei che la mia musica fosse così, facile da ascoltare, di impatto, e con un messaggio ben preciso di uguaglianza e rivoluzione, roba che diventa immortale.

Quando hai iniziato a far musica la scena padovana pullulava già di artisti o era completamente diversa da come è oggi?

Era completamente diversa da ora. Una volta nessun rapper voleva essere considerato un’artista, anzi, ”artista” voleva dire essere nel mercato, voleva dire aver perso il contatto con la propria realtà di individuo che viene dal basso e che descrive le proprie esperienze personali mettendole in musica. Eravamo dentro un trip stranissimo da spiegare, ma ricordo degli inediti mai usciti di Karma22 che raccontavano la strada, la tossicodipendenza e lo spaccio come non l’ho più sentito fare da nessuno. I ragazzi di oggi purtroppo fanno l’errore di esaltare troppo la violenza e spesso la cosa gli ritorna indietro.

Come è iniziata la collaborazione con le crew Massima Takenza e Trve Vandals, realtà che hanno segnato la storia del rap veneto?

Massima Tackenza è nata come un collettivo di rappers di Padova. Dal 2007 al 2015 abbiamo autoprodotto musica in casa e abbiamo rilasciato vari progetti, sia solisti che di gruppo. In quel contesto ho cominciato a produrre le prime strumentali con il computer, ho fatto i primi mix e i primi live fuori dal confine cittadino. Con i ragazzi abbiamo un legame molto forte, siamo stati forse il primo gruppo della nostra città a creare così tanto entusiasmo attorno a un progetto. Volevamo raccontare la nostra zona e abbiamo centrato l’obiettivo. Trve Vandals, invece, è una crew di writers che ha inglobato al suo interno rappers e beatmakers (Karma22, Tacash, Drewligan, El saudita e infine me). Sono sempre stato mega fan del mondo dei graffiti. Non sono mai stato un writer vero e proprio ma ho sempre fatto le tags. All’interno di quel collettivo abbiamo realizzato diversi progetti musicali, fanzines, eventi e merchandise.

Negli ultimi anni la musica ha portato a galla moltissimi producer che, almeno 10 anni fa, stavano dietro le quinte, come nel caso di MACE. Hai mai pensato di pubblicare un album interamente prodotto da te con diversi artisti e collaborazioni?

Fare un disco da producer è un’impresa. Sicuramente è uno sforzo che premia, ma per ora preferisco lavorare con un artista alla volta. Nei miei piani per ora c’è un disco di sole strumentali che spero di rilasciare a breve.

Entriamo adesso nel vivo dell’intervista: parliamo di produzione. E’ senza dubbio indiscusso il fatto che, nelle tue produzioni, si sentano molteplici influenze e sonorità tutt’altro che banali. Ad oggi, il producer da FL, con i soliti sample, 808 e one shot, possiamo dire per certo, si sia estinto. Nei tuoi lavori, una peculiarità che sicuramente fa la differenza, sono l’uso delle percussioni e fortunatamente la presenza di chitarre. Nel tuo percorso con Tony Boy hai avuto modo di sperimentare nuove sonorità?

Si, abbiamo realizzato tanti brani diversi con ispirazioni diverse, a volte più tendenti al mondo elettronico e a volte più tendenti al cantautorato. Per ora gli esperimenti più estremi non sono mai usciti perchè in questa fase ci teniamo ad essere associati a un determinato sound che per noi è il sound che andrà per la maggiore nel 2022 in Europa e nel mondo.

Per chi dei nostri lettori non lo conoscesse, Tony Boy è un giovane artista classe 99’, fenomeno a parer nostro, a livello melodico e mediatore di rap e trap. Com’è nata la tua conoscenza con lui?

Tony Boy l’ho conosciuto nel 2015 quando è venuto a registrare da me per la prima volta. Penso che sia uno dei migliori artisti della sua generazione e sicuramente il mio preferito per le cose che scrive. Ogni volta che siamo in studio e stiamo per registrare so che arriverà una frase, una melodia, un modo di stare sul tempo che mi farà dire ”cazzo quanto è forte Tony”.

Ti va di raccontarci alcuni aneddoti relativi alla produzione di un brano dell’ultimo album di Tony “Going Hard 2”? Qual è stato il più complesso da realizzare o da sbloccare e svoltare a livello di sound?

Sicuramente “Come mi guardi”. Quel pezzo ha avuto un percorso lungo e quasi rischiavamo di non inserirlo nella tracklist. Siamo partiti da un testo scritto di getto su un type beat registrato e lasciato per qualche mese solo come provino ruff. Ho esportato la voce e su quella ho iniziato a produrre un beat da zero: volevo che il pezzo diventasse un manifesto di sincerità e ho cercato dei suoni che portassero in un contesto emotivo e intimo, quindi un electric piano, delle bells, dei sample vocali e infine delle chitarre che ho fatto insieme a Silvio Compagnin (che in GH2 ha suonato anche in “7AM”, “Oltre, “Settembre dentro, “Bicchieri di plastica e “Sesto senso). L’ultimo elemento della strumentale a cui ho lavorato è l’intro del brano, che secondo me è anche la parte più interessante. Lì ho fatto il disastro con halftime e i vari elementi della canzone: è tutto pitchato, flitrato e ambientato, ma alla fine suona super elegante. Ricordo la prima volta che l’ho fatto sentire a Tony e Neno, erano veramente gasatissimi.

Domanda per gli smanettoni: quali sono i 10 plugins e vst ai quali Wairaki non potrebbe mai rinunciare?

Halftime, Classic clipper, Battery 4, M1 korg, Halione, SSL comp, Analog lab, Maag eq4, Effetrix, Kontakt.

Quali sono le qualità che, secondo te, deve assolutamente avere un producer oggi?

Secondo me un producer che lavora con generi che hanno molto a che fare con le lyrics deve essere in grado di capire cos’è lit e cosa non funziona. Il beat non deve mai prevalere sull’artista.

Fate tanti beat ma prendetevi anche del tempo per la vostra vita privata, è fondamentale.

Nome di un giovane artista e producer che secondo te faranno strada?

Artista: El Piurri. Producer: 7Hit.

Cosa consiglieresti ad un emergente che vuole fare musica nel 2022?

Sii te stesso il più possibile. Scrivi solo se hai urgenza di esprimerti. Quando pubblichi non preoccuparti, si fanno degli errori, ma tu non fai musica perchè vuoi che gli altri la apprezzino, fai musica perchè ne senti il bisogno, dico bene?

Grazie per averci dato l’opportunità di entrare nel tuo mondo.

Eh-eh-ehi, Wairaki, que tal loco?

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