Love and understanding: in scena le molteplici metamorfosi dei sentimenti

14 Gennaio 2022

Testo Maresa Palmacci

Il teatro, come espressione artistica, è spesso metamorfosi continua, nella forma, nella drammaturgia, nella regia, nell’interpretazione, nella dinamica delle relazioni dei personaggi. Come nel caso di Love and understanding di Joe Penhall, spettacolo portato in scena nell’ambito di TREND nuove frontiere della scena britannica – XX edizione dalla compagnia Divina Mania con la regia di Mauro Lamanna.
All’apparenza il classico triangolo amoroso. Protagonisti sono Neal e Rachel, una coppia di medici, che, fagocitati dalla routine e dal loro lavoro, stanno perdendo di vista la loro relazione, il loro rapporto, dimenticandosi pur essendo presenti, ignorandosi, dandosi per scontati.
A infrangere questo pantano emotivo arriva dal Sud Africa un vecchio amico di Neal, il quale chiede ospitalità, rompendo gli schemi e la stasi di coppia, imponendo una metamorfosi non solo nel rapporto tra Neal e Rachel, ma anche nel loro modo di percepire la loro vita e i sentimenti.
Come un silente uragano, il ragazzo, con dipendenze e dedito a una vita senza programmi, fatta di istinti e impulsi, si insinua nelle loro vite, suscitando dubbi crescenti che si diramano in un climax di non detto o trascurato e taciuto, che ribolle ed esplode, andando a mutare equilibri e dinamiche.
Assistiamo a legami che si sgretolano, rapporti che cambiano, eppure probabilmente tutto deve cambiare affinché l’essenzialità e l’importanza di determinati sentimenti resti.
Se il sentimento è sincero, vero, potente, anche quando c’è una metamorfosi assoluta, resta immutato e trae forza dal cambiamento, come probabilmente accade ai due protagonisti in un finale lasciato aperto a varie possibilità.
Mauro Lamanna dirige con maestria e capacità un testo denso di ritmo e senso, orchestrando gli attori con naturalezza e modernità.
Nonostante la formula sia un reading, una lettura drammaturgica, in cui ogni interprete legge avvalendosi di leggii, pc e telefoni, il flusso drammaturgico e interpretativo scorre senza soluzione di continuità, fluido e spedito come uno spettacolo compito, completo e rodato. Ciò è dovuto senza dubbio alla maturità espressiva e interpretativa di Gianmarco Saurino, in grado di rendere con pochi studiati gesti, movenze e sguardi le peculiarità del suo personaggio, così come Martina Querini, misurata e sensibile, e lo stesso Lamanna, sempre preciso e calibrato, ma anche grazie all’utilizzo dei dispositivi telematici, che si integrano alla perfezione nella pièce, tra il bancone di un bar, un tavolo
di lavoro e gli angoli di un appartamento, rendendo scorrevole, dinamico e incisivo, il passaggio da una scena all’altra. Alto elemento degno di nota e pregio è la funzione diegetica della musica, dal vivo, che prende corpo in scena con Filippo Lilli, presenza concreta sul palco, a sottolineare l’importanza del tappeto sonoro nello sviluppo dello spettacolo. Note che accompagnano la narrazione e si fanno narrazione esse stesse, ricreando un’atmosfera dettata dal peso dei sentimenti e dall’imprevedibilità della vita.


Uno spettacolo raffinatissimo che potrebbe rimandare a un lungometraggio, a un film che prova a descrivere le possibili variabili dell’amore e i relativi e conseguenti tentativi di comprensione.
Un esempio di drammaturgia contemporanea che ci parla in maniera diretta, svelando e rivelando tutte le probabili metamorfosi dei nostri sentimenti e legami.

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