Pane o Libertà di Paolo Rossi al Vittoria di Roma.

2 Marzo 2023
MoniQue Foto - MONICA CONDINI

È andato in scena presso il Teatro Vittoria di Roma, dal 21 al 26 febbraio, lo spettacolo Pane o Libertà – per un futuro, immenso repertorio di e con Paolo Rossi, accompagnato in scena da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi, esecutori delle musiche dal vivo che accompagnano l’attore nel corso della gradevolissima chiacchierata con il proprio pubblico.

Ecco, forse il termine appena utilizzato – chiacchierata, per l’appunto – potrebbe dare adito ad uno sgradevole equivoco che, dunque, si intende stroncare sul nascere, spiegando che questo non vuole dare dell’esperienza vissuta comodamente seduto in una delle belle poltrone della sala di Piazza Di Santa Maria Liberatrice in quel di Testaccio un’accezione semplicistica, quanto suggerire la piacevolezza delle quasi 2h in cui il nome in cartellone si interfaccia al suo auditorio che appare divertito, caloroso e – azzardo – quasi grato.

L’attore friulano – e qui viene in aiuto Wikipedia, dato che la convinzione che fosse invece di origini meneghine era tanto forte quanto la sua, dichiarata, formazione di stampo jannacciano – confonde. Confonde come, probabilmente, i grandi artisti possono fare. Come solo chi è in possesso di tanta tecnica ed esperienza e consapevolezza di sé e del proprio lavoro può fare.

Lo spettacolo/chiacchierata/ condivisone comincia quasi in assenza di quella energia che parrebbe essere necessaria ad ogni evento di intrattenimento live, musicale o teatrale che sia, e che invece – si scoprirà con l’andar dei minuti – è molto elevata e ben convogliata. Talmente bene da apparire, ci si ripete, non tangibile.

Paolo Rossi recita non recitando. E lo dichiara pure. Certo che un conto è affermarlo preventivamente agli albori della serata e un conto è mantener fede ad una promessa che è di difficilissima riuscita.

L’eclettico Artista è talmente pieno della capacità di farsi tramite – di canzoni, aneddoti, barzellette, ricordi – che restituisce agli astanti in una modalità che ad un occhio distratto potrebbe apparire come disinteressata alla performance – e non si esclude esista parte di tale atteggiamento nella sua incalcolabile bravura -, ma che, molto più probabilmente, è figlia di un incessante lavorio che lo ha portato ad interrogarsi e ad indagare su l’arte attoriale per tutta la sua carriera. O almeno questa si spererebbe fosse l’analisi più azzeccata per provare a rispondere al mistero che questo tipo di lavoro fa emergere.

Si è disorientati, ma coinvolti dalla leggerezza di questo spettacolo che si pone su una sorta di piano inclinato, tra un monologo brillante e una canzone di Gianmaria Testa, tra un ricordo ambientato nei corridoi di Mediaset al cospetto di un Berlusconi che la fa da padrone di casa e una citazione in musica del Maestro Jannacci, mentore, come già accennato, del suddetto protagonista.

Insomma, nell’anno in cui ad ottobre si celebrerà il centenario della nascita di uno scrittore – Italo Calvino – che con la sua opera e con un suo famosissimo aforisma provò  – e riuscì – a sdoganare il concetto di leggerezza affrancandolo da quello di superficialità, si può ben provare ad affermare che Paolo Rossi, con la sua simpaticissima e capacissima band, e questo spettacolo – offrono uno spaccato di profondissima leggerezza o, se si preferisce, di leggerissima profondità, porgendo in dono un’esperienza della quale, probabilmente, ci si accorge di aver avuto bisogno solo dopo averla vissuta.

E quindi grazie a tutti. Ai Teatri – in questo caso il bel Teatro Vittoria – che li ospitano, agli artisti che si mettono in gioco e a coloro che si sono dedicati un tempo, recandosi alla serata, di rigenerazione e semplicità.

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