miei occhi cambieranno: la dolce effimerità della condizione umana.

26 Marzo 2023

Al teatro Basilica di Roma, a pochissimi passi da san Giovanni in Laterano, si è svolto il 7 e l’8 marzo il delicatissimo spettacolo “I miei occhi cambieranno”: opera tratta da “Certo che mi arrabbio”di Celeste Brancato, autrice e scrittrice teatrale messinese, che racconta la sua personalissima lotta contro la malattia che ne ha stroncato la vita nel 2009 a soli quarant’anni. Diretto da Giampiero Cicciò e interpretato da Federica De Cola, lo spettacolo, in scena dal 2011, riesce a commuovere, a far ridere e anche un po’ indignarsi sulle ingiustizie della vita, aumentando la consapevolezza sul tumore al seno e la sua prevenzione grazie anche ai rapporti e ai patrocini con diverse organizzazioni che si occupano della questione, tra cui la prestigiosa Komen G. – Italia, che organizza ogni anno “Race for the cure”, anche quest’anno al Circo Massimo di Roma dal 5 all’8 maggio.

“I miei occhi cambieranno” è sostanzialmente un diario rappresentato sul palcoscenico di un teatro: per sua natura intimo e personale, rivela al lettore-spettatore una parte della vita dell’autore, senza mezzi termini e mezze misure come solo il pensiero e il dialogo con sé stessi sanno offrire.

Federica De Cola, protagonista assoluta, riporta con incredibile genuinità e savoir faire attoriale la vicenda di Celeste, che si ritrova letteralmente a combattere contro sé stessa, le istituzioni, e infine contro quel male, ahimè rivelatosi incurabile, che se l’è portata via troppo presto. Celeste vive tutti i cinque stadi dell’elaborazione del dolore, dalla negazione all’accettazione, si colpevolizza per la mancanza di cura verso sé stessa, cerca le cause del suo malessere fuori e dentro di sé, si scontra con membri del personale sanitario completamente privi di tatto o di educazione, vive l’ansia delle analisi e dei risultati delle suddette, sperimenta la speranza della guarigione, grida e canta a squarciagola la libertà, fino ad accettare il fatto che la guarigione è un percorso lungo e graduale ed è tutta convinta a dare del filo da torcere alla malattia, nemico da sconfiggere anche se vi è una netta disparità di mezzi tra le due parti, tutte a favore dei carcinomi. Per parafrasare Winston Churchill: mai arrendersi, mai, mai, mai, mai arrendersi di fronte alla soverchiante forza del nemico.

Sebbene la vicenda possa assumere i tratti cupi, tipici di una storia di malattia, questa mestizia non viene mai percepita e Celeste, umana, troppo umana, riesce ad incantare per la forza d’animo e per l’ironia, che per quanto un po’ agrodolce, permea e alleggerisce la storia nel complesso. Il collegamento empatico dello spettatore con l’esperienza di Celeste è immediata e completa, vuoi grazie all’incredibile interpretazione di De Cola che si immedesima in toto nella parte, vuoi perché tutti gli esseri umani sono in realtà come Celeste e non lo sanno, ma lo capiscono solo quando la realtà della natura umana ci piomba addosso come un macigno. Molti riescono a sollevarsi e spostare il macigno, altri se lo portano sulle spalle e vivono comunque vite ricche, altri ne vengono semplicemente schiacciati. La crudele tristezza è che può capitare a chiunque e non sempre è dovuto ad azioni, comportamenti scorretti o a divinità che ci maledicono. Succede e basta. La dolce effimerità della condizione umana, sempre in bilico sulla fune sospesa della vita.

La memoria di Celeste Brancato viene magistralmente onorata da un lavoro condotto, diretto e interpretato in maniera perfetta, pregno di possibilità di riflessione e di introspezione sulla natura umana e su quanto sia delicato, e in fondo non troppo complicato, passare dall’aldiquà all’aldilà, con tutto quello che ne comporta.

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