Leviatano: recensione rischiosa di uno spettacolo “tranello”.

6 Maggio 2023

È andato in scena dal 24 al 26 Aprile, presso il Teatro Basilica di Roma, lo spettacolo “Leviatano” di Riccardo Tabilio, diretto da Alessandro De Feo ed interpretato da Diego Migeni, Stefano Patti e Giole Rotini.

La recensione di questo spettacolo è presto fatta: il lavoro in questione è la perfetta esemplificazione di un fresco e riuscito lavoro di ensemble tra “giovani” professionalità che affrontano un fatto drammaticamente tragicomico – e la scelta dell’avverbio è rischiosa, ma voluta – e lo restituiscono con un’energia e dei tempi coerenti al genere scelto- quello della commedia pop – il cui utilizzo consente l’uso di toni variegati che scansano il rischio dell’appiattimento.

Gli attori interpretano con apparente semplicità e ammirevole misura i svariati personaggi dei quali sono chiamati ad indossare i panni, conducendo gli spettatori lungo la traiettoria drammaturgica che si sviluppa a partire da un dato fatto di cronaca e del conseguente studio che due professori universitari – un professore e un dottorando, per la precisione, – svilupparono a partire dal primo.

Il 6 Gennaio 1995 il Signor MacArthur Wheeler, convinto di aver ottenuto l’invisibilità grazie al succo di limone, rapina a volto scoperto due banche nei dintorni di Pittsburgh e nel 1999 gli studiosi di cui sopra David Dunning – ordinario di psicologia presso la Michigan State – e il suo dottorando Justin Kruger regalano al mondo la loro teoria oggi globalmente riconosciuta con il nome ” Effetto Dunning – Kruger” e che, in estrema sintesi, può riassumersi nell’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale presente tra le conoscenze possedute da un individuo su un dato argomento e la sua personale convinzione di maneggiare con perizia quello stesso specifico ambito di competenza.

Va da sé, dunque, che la drammaturgia e la messa in scena avrebbero potuto virare verso una restituzione accademica e, nella peggiore delle ipotesi, moralistica e moralizzatrice, quando, invece, sia l’una che l’altra sono impregnate di una intelligente leggerezza frammista ad una sana ricerca del senso che abita la stessa ricerca appena citata.

De Feo con i suoi attori mixa le tecniche possibili e plausibili di restituzione teatrale partendo da un abbattimento della quarta parete effettuato con sornione intelligenza da tutti e tre gli attori per poi proseguire con un uso dello spazio e del tempo di interessante fruibilità.

Lo spettacolo si poggia su un ritmo costante e mai sfiancante l’attenzione dello spettatore che, si suppone, ha piacere a sorridere e riflettere degli avvenimenti che osserva davanti a sé.

“Leviatano” è dunque un lavoro di semplice precisione, frizzante recitazione e funzionale direzione e che, nel suo complesso, potrebbe definirsi tanto utile quanto piacevole.

Oltre che, naturalmente e senza colpa, istruttivo.

A meno che non si pensi impropriamente di essere dei Maestri del Mezzo e non si incappi a piene mani nei pericoli dai quali tutta l’operazione prova simpaticamente a mettere al corrente.

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