La vendetta è donna in “Storia d’incroci e d’anarchia”

8 Luglio 2023

Veritiero, realistico, quanto paradossale, il racconto scritto e interpretato da Veronica Milaneschi, con la regia di Patrizio Cigliano, Storia d’incroci e d’anarchia, debuttato il 6 luglio al Marconi Teatro Festival, vincitore del concorso Short Lab di Massimiliano Bruno nel 2018 a Roma; Miglior Monologo alla rassegna Estrocorti  al  Teatro De’ Maicontenti di Bologna; Miglior Attrice alla manifestazione I corti della Formica al Teatro Tram di Napoli.

Un monologo, una lente che percorrere e riflette a parole il disagio quotidiano delle vittime del caos lungo le strade e gli incroci di una filmica e romanzata Roma contemporanea, eredità della cinematografia verdoniana, senza padroni, dove la giustizia è affidata alla personale goffa mano dei cittadini; dalla comica vena critica e dissacrante, da e su la Milaneschi realizzato e ritagliato, la cui consistenza, dimensione esistenziale e efficacia comunicativa- in essere solo attraverso gesti, movimenti e intonazioni vocali animati e ben delineati attraverso la di lei interpretazione- senza la sua innegabile stoffa recitativa a stento sussisterebbero.

Pochi gli oggetti in scena, una sedia, una borsa, e la scritta ‘prozac’ segnata su un foglietto, alzato alla bisogna nei momenti di rabbia incontrollabile. Ed è proprio la rabbia il motore narrativo di ogni episodio raccontato dalla protagonista, una madre, una moglie, figlia di una donna ansiosa e apprensiva; vicina di casa di un’altra donna, altrettanto ansiogena per le incessanti urla verso i figli. Un sentimento di perseverante preoccupazione ormai diventato uno stile di vita; un’inquietudine sfociata in un’ossessione per l’educazione stradale, punita da lei stessa, quando violata e non rispettata dai suoi concittadini; un desiderio di giustizia che l’ha trasformata in un’Erinni moderna.

Episodi di vita quotidiana del passato prossimo e del passato remoto si susseguono in ritmo ordinato, nonostante l’assenza di una consecutio temporum tra un racconto e l’altro, uniti dalla costante di un progressivo aumento della furia che in ogni frammento scenico trasforma la Milaneschi in un mostro rosso fuoco, come il vestito da lei indossato. Passato e presente del suo vissuto si mescolano nel calderone espositivo, come il passato e il presente di Roma si mescolano lungo le sue strade; quelle strade palcoscenico delle storie narrate così simili e familiari da trasformare il monologo in un’intima e descrittiva pagina di diario per chi almeno una volta si è trovato a guidare o a camminare per la Capitale.

Una pagina dalla doppia anima: una, carica di sarcasmo e leggera satira, legata alla sfera affettiva, in cui vie, quartieri e semafori sono ancorati a ricordi e aneddoti personali, a tratti lievemente inquinati da sviluppi scenici e di trama dalla sovra eccessiva pomposità surrealistica; la seconda riservata a un viaggio culturalmente e socialmente condiviso nella Roma culla di poesia, arte e grandi firme drammaturgiche, dove l’amore che lega l’attrice a quelle strade celebra la bellezza soffocata da tram turistici e ornamenti consumistici.

Sollevata la maschera d’animazione e intrattenimento, Storia d’incroci e d’anarchia è sincerità, una storia in cui riconoscersi, è la voce impulsiva nata dallo stress e soffocata dalla logica, non è solo il romano nella giungla automobilistica, ma è ogni Prometeo che non cede alla disuguaglianza ordinaria.

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