La “Cantata dei pastori” di Peppe Barra, un miracolo senza tempo.

6 Dicembre 2023

È stato in scena dal 21 novembre al 3 dicembre, presso il Teatro “Sala Umberto” di Roma, lo spettacolo “Cantata dei Pastori – per la nascita del verbo umanato” di Peppe Barra e Lamberto Lambertini, diretto dallo stesso Lamberto Lambertini ed interpretato da Peppe Barra con Lalla Esposito e con Luca Di Lorenzo, Serena De Siena, Massimo Masiello, Antonio Romano e Rosalba Santoro.

Qualora vi capitasse di risiedere o di trovarvi occasionalmente in una città che abbia un Teatro che ospita lo spettacolo di cui sopra, accettate un consiglio: andateci.

E andateci non tanto perché i gusti debbano essere uguali per tutti o perché si voglia in un qualche modo far credere che la bellezza o financo il valore tecnico e non solo di un lavoro teatrale si possano considerare sotto un’ottica di oggettività – per quanto alcune cose oggettive lo sono, oltre ogni ragionevole dubbio -, quanto perché assistere a questa esperienza potrebbe, ragionevolmente, diventare per ciascuno spettatore un’occasione di distacco significativo e terapeutico da una realtà trincerante, volgendosi in un delicato e soave viaggio del tempo dai contorni dolci, protettivi e mai, comunque, forzosamente irreali.

Insomma, la “Cantata dei Pastori” potrebbe davvero essere una boccata d’ossigeno salvifica, per la quale andrebbero ringraziate le prove professionali di tutti gli artisti coinvolti – attori e musicisti – all’interno delle scene di Carlo De Marino, illuminate dalle luci di Luigi Della Monica e fatte vibrare dalle note delle musiche di Giorgio Mellone.

Da ricordare ed elogiare anche i costumi di Annalisa Giacci che vestono i corpi degli attori.

Razzullo – Barra – e Sarchiapone – la bravissima Lalla Esposito – costituiscono una straordinaria coppia comica che calata nello spazio immaginato della Palestina al tempo della nascita del bambino Gesù lottano per non morire di fame, cercando di accaparrarsi una qualche forma di alimentazione tra un incontro e un altro di nemici e amici la cui alternanza regala un andamento drammaturgico sempre vivo e mai soggetto a cadute di ritmo.

Peppe Barra, mestierante del quale si scorgono tutti gli anni di esperienza grazie alla sua straordinaria capacità comica e ad una padronanza eccezionale di ogni singolo momento dello spettacolo, gigioneggia con classe e precisione, canta, sospira, rallenta e accelera la narrazione, piegandola al suo volere rappresentativo, mentre i suoi compagni di scena – l’Esposito soprattutto, per ovvi motivi di scrittura, tra le altre cose – offrono il loro supporto che è evidentemente oliato da una conoscenza dello spettacolo che sfiora la perfezione.

Nel corso del viaggio del tempo di cui sopra si apprezza la grandezza di un Teatro di Rivista non più in uso che peraltro strizza decisamente l’occhio a dei canoni di Commedia dell’Arte ai quali tutti guardano con evidente ammirazione.

La “Cantata dei Pastori” è uno spettacolo musicale, di prosa, di lazzi e frizzi e di evidente complessa semplicità, nel corso del quale si ha l’occasione di ammirare macchinazioni tecniche e marchingegni di un tempo – un lungo tempo fa che non è più – al massimo della loro utilità e al massimo della loro dignità fuori sincro rispetto all’epoca nella quale viviamo.

Non c’è – e ovviamente non si capirebbe perché dovrebbe esserci – alcun imbarazzo a presentarsi in un “outfit” scenico completamente agée, eppure così giusto e così commovente, come a voler romanticamente affermare – senza che sia l’intenzione principale di tale proposta, ciò appare evidente – che non è tanto il presentarsi tirati a lucido e all’ultimo grido a garantire, d’emblée, qualità, quanto l’onesta, infaticabile pratica a poter assicurare la bontà di una bolla magica e spirituale allo stesso tempo che accoglie “i credenti” con un amore delicato ed impareggiabile per tutte le 2h trascorse seduti sulle poltrone rosse di platea e balconata.

In conclusione, la “Cantata dei Pastori” è un miracolo che ci fa volare con la fantasia ma che affonda la sua essenza più intima e pura in un mondo materialistico e reale che è governato da una ratio di sudore e fatica che conosciamo fin troppo bene.

La “Cantata dei pastori”, il librarsi in area di un lavoro di lucida perseveranza.

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