Dalla scrittura alle immagini: Jane Austen al cinema

21 Gennaio 2022

La rappresentazione in chiave romantica
delle eroine austeniane

Testo Gisella Rotiroti

La simmetria è la sua qualità peculiare. Al centro di un mondo buono c’è sempre una fanciulla destinata al matrimonio: Elizabeth o Fanny, Emma o Anne, Marianne o Catherine. Questa fanciulla per imprudenza, debolezza o ingenuità, tradisce il buon senso che è la sola premessa per un destino felice, s’avventura al di là delle regole, riceve una lezione che la induce a farsi più attenta alla qualità dei valori, riconosce il proprio errore, infine approda giudiziosamente a una soluzione adeguata. Si tratta di una sorta di partitura musicale – premessa, esperienza, lezione morale, ravvedimento, trionfo dell’ordine sul disordine – che procede scena per scena, limpidamente, con ariosità mozartiana, fino al finale che tutto assesta e riordina, dando a ogni valore la priorità che gli spetta, e sistemando la fanciulla nell’unico quadro possibile: il quadro dell’equilibrio.

G. Livi, Da una stanza all’altra, Milano, La Tartaruga, 2012

Queste parole di Grazia Livi, contenute nel saggio su Jane Austen Stanza di passaggio (1992), ben delineano le caratteristiche delle storie austeniane. Le eroine devono riuscire a trovare un equilibrio fra i due estremi in cui oscilla la concezione ideologica della scrittrice: l’adesione a severe regole di comportamento le induce a reprimere i loro desideri ma la negazione delle pulsioni rischia di spegnere la loro vitalità. Da questo conflitto deriva la necessità di trovare una piccola via di fuga, un atto di coraggio fuori dalle convenzioni che consenta loro di accettare la realtà e di sopravvivere.
Le eroine austeniane riuniscono stereotipi e caratteri originali: sono in crescita e attraversano momenti di crisi e di scelta, dunque favoriscono l’identificazione, sia perché le loro vicende hanno le caratteristiche del romanzo di formazione sia per l’ironia con cui sono rappresentate. Inoltre, le tematiche dei romanzi – l’incontro con l’altro sesso, l’innamoramento, il corteggiamento entro regole sociali rigide, il contrasto fra i sentimenti e le pulsioni – affascinano il vasto pubblico del cinema, in particolare quello femminile. Le storie di Jane Austen parlano di donne che si trovano in un momento cruciale della loro vita. L’interesse principale per la donna dell’epoca è la ricerca di un marito come
unica possibile via di sopravvivenza. A Jane Austen interessa l’amore soprattutto nel suo aspetto sociale ma anche se il matrimonio rappresenta per la donna un mezzo per raggiungere la sicurezza economica, questa scelta deve essere fatta senza mettere da parte il rispetto di se stessa: non deve essere considerato una sistemazione ma neppure la conseguenza impulsiva di una passione improvvisa, deve essere invece un legame di reciproca intesa che concilia istinto e ragione e scaturisce da un’attenta valutazione: Elisabeth sposa Darcy solo dopo essersi accorta che è
l’uomo adatto a lei per le sue doti caratteriali. Nei romanzi di Jane Austen il viaggio verso la conoscenza, che separa le prime impressioni dai giudizi duraturi, è strettamente legato alle sensazioni ed è il risultato di un’esperienza che nasce dal confronto fra diverse percezioni. Le eroine devono saper valutare l’accordo e il disaccordo fra esperienze passate e presenti poiché il ricordo, come le prime impressioni, può essere affidabile ma può anche essere ingannevole. Acquisire esperienza significa confrontarsi con la sensibilità e con la ragione, entrambe essenziali per ottenere un giudizio corretto e vero. Il cinema è lo strumento più adatto per rendere questa ambiguità, quest’incertezza, questa confusione poiché il film permette ai
personaggi di rivelarsi nel loro processo di divenire, scoprendo gradualmente la loro identità.
Le riflessioni moderne legate all’identità e alla conoscenza sono particolarmente rilevanti nella nostra società, dominata
dalle immagini e da modalità espressive visive. Dunque, questi aspetti contribuiscono a rendere i testi austeniani ‘cinematografici’ per la sensibilità del XXI secolo.
Jane Austen è molto critica nei confronti della nascente sensibilità romantica e crede nella necessità di un equilibrio tra mente e corpo. La capacità di esercitare un forte controllo sulle emozioni è una prova di maturità e di intelligenza per le eroine femminili poiché rappresenta la necessaria accettazione di un mondo in cui le donne che trasgrediscono le regole vengono penalizzate, condotte alla rovina sociale e alla distruzione fisica.
Il cinema occidentale degli ultimi anni – artefice di un’elaborata opera di ‘riscrittura’ nei confronti della letteratura austeniana – adegua le storie e le caratteristiche delle eroine ai codici estetici ed emotivi della modernità rappresentandole secondo la definizione attuale di ‘romanticismo’ e non secondo le concezioni settecentesche. Poiché il pubblico vuole vedere e sentire la passione, gli adattamenti moderni sviluppano il linguaggio amoroso sulla
base di un’esigenza visiva ed emotiva moderna: i personaggi parlano con il ‘vocabolario’ emotivo del XXI secolo. Così il racconto per immagini conferisce alle eroine austeniane una dimensione più umana e sensuale, attraverso una rappresentazione in chiave romantica.

Orgoglio e pregiudizio (Pride & Prejudice, 2005) di Joe Wright

Sessantacinque anni dopo la versione del 1940 diretta da Robert Zigler Leonard, nel 2005 viene prodotto un nuovo adattamento di Orgoglio e pregiudizio per il grande schermo con la sceneggiatura di Deborah Moggach e per la regia di Joe Wright.
Il film inizia con il canto di un merlo, collegato ad Elizabeth (spesso, nel film, si sente il canto di un merlo, quando a lei succede qualcosa). La macchina da presa segue Elizabeth mentre cammina su un ponte e lungo il sentiero del giardino verso casa per introdurre lo spettatore nella sua vita. In numerosi momenti della storia lo sguardo della macchina da presa coincide con quello di Elizabeth e lo spettatore vede attraverso il suo punto di vista.
Nella prima scena del film Elizabeth passeggia leggendo un libro nella campagna. La macchina da presa inquadra un romanzo arrivato quasi all’ultima pagina. Si tratta di un omaggio a Jane Austen: Elizabeth sta leggendo un libro intitolato First Impressions, titolo della prima stesura del romanzo che poi diventerà Pride and Prejudice. È come se Elizabeth stesse leggendo la sua storia che sta per verificarsi. La protagonista chiude il libro e lo accarezza.

Come ha fatto notare la studiosa M. P. Punzi, il libro simboleggia la superiore intelligenza di Elizabeth rispetto agli altri
personaggi femminili, con una differenza significativa rispetto al romanzo: poiché Elizabeth vive un momento di assoluta libertà nella natura, fuori dallo spazio domestico, il valore che il film attribuisce alla lettura non è quello dell’ideale educativo classicista ma segue i parametri della cultura romantica e post-romantica. Nella cultura romantica la lettura è un modo per imparare a coltivare la libertà di pensiero dell’individuo, spesso in contrasto con il sentire comune della società a cui appartiene. Diversi critici hanno sottolineato la svolta romantica dell’adattamento
del 2005. Sarah Ailwood, in Romanticism in Joe Wright’s Pride & Prejudice (2007), afferma che il film di Joe Wright esplora la natura del Sé romantico e la possibilità per uomini e donne di raggiungere la realizzazione personale all’interno di un ordine sociale ed economico patriarcale oppressivo. Utilizzando ambientazioni naturali e paesaggi romantici, nel film la storia di Elizabeth e Darcy è presentata come la lotta di due eroi che cercano di raggiungere la realizzazione personale, indipendentemente dal contesto sociale in cui vivono. Secondo Sarah Ailwood l’interpretazione in chiave romantica del romanzo rivela l’utilizzo del modello dell’eroe byroniano per la costruzione
del personaggio di Darcy e una declinazione del Romanticismo tipica delle scrittrici di quel periodo.

Elizabeth, presentata nella prima sequenza del film come lettrice, viene poi sottoposta ad un processo di educazione visiva che riuscirà a farle apprezzare le qualità di Darcy di fronte alle quali dirà di essere stata così cieca. Joe Wright compie una strategia di riflessione sul cinema poiché mostra che il giudizio di Elizabeth si affina grazie all’esercizio estetico della contemplazione del paesaggio e delle arti visive. Elizabeth diviene così capace di re-visionare le sue prime impressioni.
Il viaggio nel Derbyshire con gli zii Gardiner, come nel romanzo, è un punto di svolta nella crescita di Elizabeth. Wright
allestisce la scena in cui Elizabeth contempla un paesaggio sublime² come una sequenza onirica che riesce a comunicare cosa significa per lei imparare a guardare oltre la vista e a percepire la bellezza con i sensi.
Dopo la scena in cui Elizabeth parla con Jane prima di addormentarsi e spegne la candela vicino al letto, la sequenza onirica inizia a partire da uno schermo nero che gradualmente si riempie di cerchi di luce giallo-arancio. Dopo uno stacco, l’inquadratura in primissimo piano mostra gli occhi chiusi di Elizabeth su cui si alternano luce e ombra. Lo spettatore capisce di aver guardato sino a quel momento ciò che Elizabeth vedeva dietro le palpebre chiuse. Da una soggettiva si torna ad un’inquadratura oggettiva. Dopo un altro stacco appare, in campo lunghissimo, il paesaggio spettacolare di cui Elizabeth è parte, in piedi su uno spuntone di roccia che sporge sulla vallata. Nel commento
al film, Joe Wright dice di essere passato da «an extremely close-up to an extremely wide shot» per ottenere un effetto particolarmente drammatico, raggiunto anche attraverso la musica: il tema del film, Dawn (Alba) – composto da Dario Marianelli con l’intenzione di evocare le atmosfere del Romanticismo – che fino a quel momento si è ascoltato per solo pianoforte, cresce in un arrangiamento sinfonico e contribuisce alla costruzione del ‘sublime’. L’inquadratura successiva mostra Elizabeth a mezza figura con il cielo come sfondo: ha gli occhi aperti e sta finalmente guardando il paesaggio dopo averlo ‘sentito’ con i sensi.
Metaforicamente è venuto il momento per Elizabeth di entrare nella vita adulta dopo aver attraversato l’adolescenza. Il vento, grande metafora romantica, comunica il rapporto dell’individuo con la natura creando una coinvolgente identificazione visiva fra il corpo di Elizabeth e il paesaggio.
L’inquadratura di Elizabeth in piedi, circondata dal vento sulla roccia che domina la vallata, evoca una serie di dipinti romantici – il Viandante sul mare di nebbia (1818) di Caspar David Friedrich, Le signore di Hastings (1798-1800) di Johann Heinrich Füssli, Miranda – La tempesta (1916) di John William Waterhouse – in cui figure solitarie investite dal vento si affacciano su paesaggi drammatici dove il cielo minaccia un’imminente tempesta.
Lo sguardo di Elizabeth, in piedi sullo spuntone di roccia che domina sulla vallata, può essere interpretato simbolicamente anche come una conquista del paesaggio del Derbyshire, preludio alla conquista di Darcy: ritrarre la protagonista all’interno del paesaggio rende naturale che lei diventi la padrona di uno dei più belli fra quei paesaggi.
Dopo che Elizabeth ha visto il paesaggio del Derbyshire, gli zii la convincono a fare una visita a Pemberley, la proprietà di Darcy.
All’inizio del film la musica – suonata dal pianista francese Jean-Yves Thibaudet – appare extradiegetica per rivelarsi poco dopo diegetica poiché Mary sta suonando il pianoforte. Nella visita di Elizabeth a Pemberley si ripete la stessa musica che in un primo momento appare extradiegetica. Questa volta a suonare il pianoforte è Georgiana, la sorella di Darcy. Il fatto che la musica sia la stessa della sequenza di apertura – quella che accompagna Elizabeth all’ingresso della casa paterna – suggerisce che Elizabeth a Pemberley abbia trovato una nuova casa: «Trovare la persona con cui si è destinati a vivere è come tornare a casa ed anche se questa casa è completamente diversa dalla sua, c’è lo stesso spirito, la stessa musica» .

I capitoli del romanzo dedicati a Pemberley forniscono al cinema un materiale ricco e suggestivo che Wright ha saputo valorizzare ed esaltare nel film. Elizabeth sta per arrivare a Pemberley ma per superare i suoi pregiudizi e capire quel luogo – che rappresenta anche un uomo – deve perdere il narcisismo adolescenziale, raffigurato nel film dall’associazione con la lettura. Elizabeth deve mettere da parte la modalità concettuale di fare esperienza del mondo e aprirsi alla modalità sensibile della visione.
La sceneggiatura di Moggach segue fedelmente il romanzoe descrive Elizabeth mentre contempla il ritratto di Darcy nella galleria di quadri di Pemberley. Wright modifica la scena e la ambienta a Chatsworth House che ospita una collezione di sculture neoclassiche canoviane. La contemplazione del ritratto di Darcy nel film diviene la contemplazione di un busto di marmo. Allo sguardo di Elizabeth non si offrono quadri bidimensionali ma corpi umani tridimensionali esplorati dalla macchina da presa nella loro nudità. Questo luogo ha una valenza sessuale perché affigura il momento in cui Elizabeth scopre la sua sessualità. Lo spettatore può ammirare, assieme ad Elizabeth,
Endimione dormiente di Canova, Achille ferito di Albacini, Ebe coppiera degli Dei di Tadolini, Paride ed Enone di Schwanthaler e la Baccante di Bartolini. La macchina da presa esegue una carrellata circolare con primi piani sul volto della Vestale velata di Raffaele Monti e sul volto di Elizabeth per suggerirne l’identificazione. La statua con il volto coperto simboleggia la cecità di Elizabeth che ora è pronta per riconoscere il vero Darcy, raffigurato da un busto di marmo al centro della sala. Il percorso interiore di riconoscimento viene rappresentato nel film attraverso immagini simboliche. Si tratta di una scena di risveglio dei sensi e di scoperta del desiderio, prima ancora che nascano sentimenti
di rispetto e affetto, ed è anche una celebrazione dell’erotismo del cinema che ha la capacità di suscitare emozioni sensibili negli spettatori.

In Orgoglio e pregiudizio Joe Wright muove la macchina da presa con piena libertà e dà spazio al suo personale virtuosismo ma è la scrittura di Jane Austen a suggerire al regista di affidarsi all’immagine più che alla parola: le immagini e i movimenti della macchina da presa conducono il racconto e generano le emozioni trasformando il romanzo in una fiaba romantica aggiornata ai tempi moderni.

Libri e film consigliati

Bibliografia

Bussi G. E., Jane Austen dalla pagina allo schermo: Sense and Sensibility
e Persuasion in Battaglia B. (a cura di), Jane Austen. Oggi e ieri,
Ravenna, Longo Editore, 2002.

Grandi R., Il corpo di Jane Austen, Editpress, Firenze 2017.

Pennacchia Punzi M., Adattamento, appropriazione, condivisione di
un classico. Pride and Prejudice di Jane Austen,
Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli 2018.

Torsiello E., La danza dell’immaginazione, da Jane Austen a Winston
Churchill
, Bietti, Milano 2018.

Ragione e sentimento (1811)
Ragione e sentimento (1995, Ang Lee)

Orgoglio e pregiudizio (1813)
Orgoglio e pregiudizio (1940, Robert Z. Leonard)
Orgoglio e pregiudizio (2005, Joe Wright)

Mansfield Park (1814)
Mansfield Park (2000, Patricia Rozema)

Emma (1815)
Emma (Douglas McGrath, 1996)
Emma (Autumn de Wilde, 2020)

Persuasione (1818)
Persuasione (Roger Michell, 1995)

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