“La festa del ritorno”, il debutto di un film genuino.

22 Novembre 2023

Tratto dall’omonimo romanzo di Carmine Abate, “La Festa del ritorno” è l’opera prima di Lorenzo Adorisio, con, tra gli interpreti, Alessio Praticò, Carlo Gallo, Anna Maria De Luca, Annalisa Insardà, Federica Sottile e Daniele Procopio.

La trama del film è presto detta: Tullio – interpretato da Alessio Praticò – è un padre di famiglia che lavora all’estero – in Francia – mentre la sua seconda moglie e i suoi due figli da donne diverse continuano a vivere nella regione, eccezion fatta per la Sicilia, più meridionale dello stivale italico e ossia la Calabria. E tra un periodo di permanenza fuori dalla casa familiare al fine di guadagnare quanto necessario ad assicurare qualcosa di più di una mera sopravvivenza e un ritorno “all’ovile” dettato, oltre che dall’amore per la propria casa, dalla necessità di non veder i propri rapporti familiari sfaldarsi a causa degli anni che passano e così mutano bambini, ragazzi e adulti, si innestano vicende di formazione, amori inopportuni, malattie improvvise e bagliori di vecchie vite.

Il film in questione, dalla durata di 103’, è un film di assoluto buon senso in cui la narrazione procede senza arzigogoli di sorta, ma anzi forte di una linearità placida, financo accomodante, nonostante tra le pieghe della stessa trovino ampio spazio fatti ed emozioni anche importanti e di grossa grana.

“La Festa del Ritorno” ha il pregio di regalare, come ogni buon film dovrebbe sempre fare, tante prospettive quanti risultano essere i personaggi che animano la storia raccontata.

E così abbiamo la prospettiva del giovane padre di famiglia già vedovo e già provato dal dolore di perdite e distanze, così come abbiamo la prospettiva di una donna prima madre e poi donna che offre il proprio instancabile impegno ogni qualvolta ciò altro non è che necessario.

Vi è inoltre la figura del viandante sanguigno e tenebroso al quale il bravo Carlo Gallo offre il proprio bel corpo e troviamo gli occhi aperti al mondo, colmi di curiosità e desiderio, del bambino attorno al quale sembrano prendere le mosse la maggior parte delle vicende, fatta comunque salva la collegialità narrativa di cui si accennava poc’anzi parlando dell’insieme dei punti di vista coesistenti e tutti abbastanza equivalenti nell’economia della storia.

Ed è per questo che occorre anche citare il personaggio della seconda moglie – Francesca -, madre di Marco, che da sola con due figli da crescere mantiene le redini di un’organizzazione domestica e familiare che pare in costante attesa del ritorno del titolo.

Insomma, il film descrive bene e senza forzature stilistiche la povertà dignitosa che non è miseria di un sud laborioso ma non ricco e accompagna lo spettatore in un viaggio piacevole anche nelle avversità.

Merito del regista è dunque quello di aver coordinato la macchina verso un processo di costruzione lento eppure inesorabile, forte di attori che non disperdono il senso e la necessità di nessuna battuta.

“La Festa del Ritorno” è dunque un film allo stesso tempo intimo ed universale, forte di un’umiltà concreta tipica di chi è abituato a lavorare per garantirsi la dignità dell’esistenza.

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