Dopo essere approdato nelle sale cinematografiche nel 2015 e nel 2018, su Disney+ è finita la prima stagione della serie reboot di Piccoli brividi, sviluppata da Rob Letterman e Nicholas Stoller. Basata sull’omonima sequenza di libri di R. L. Stine, da cui era già stata prodotta un’omonima serie televisiva negli anni Novanta, l’opera di Letterman e Stoller ha uno sviluppo orizzontale ed è composta da dieci puntate. Piccoli brividi affronta costantemente la tematica dell’amicizia, del bullismo e del rapporto difficile con i genitori, attingendo a cinque libri specifici della collana di Robert Lawrence Stine Stine: Foto dal futuro (1992), La maschera maledetta (1993), La pendola del destino (1995), Vendetta strisciante (1994) e Il pupazzo parlante (1993).
Ambientato nel paesino in riva al mare di Port Lawrence, la trama ruota attorno a Isaiah Howard (Zach Morris), Margot Stokes (Isa Briones), James Etten (Miles McKenna), Isabella Chen Lopez (Ana Yi Puig) e Lucas Parker (Will Price), cinque liceali che devono collaborare per fermare delle forze sovrannaturali. A essere vittima di queste forze oscure ci finisce il loro professore di inglese Nathan Bratt (Justin Long), posseduto dallo spirito di Harold Biddle (Ben Cockell), il quale vuole uccidere Isaiah, Margot, James, Isabella e Lucas per un motivo legato ai loro genitori, proprio come Freddy Krueger nell’horror Nightmare – Dal profondo della notte (1984).
Ma questa serie televisiva non ammicca solo all’opera di Wes Craven, bensì strizza l’occhio soprattutto a Buffy l’ammazzavampiri e Stranger Things: dei giovani studenti che, messi continuamente alle strette, si alleano per affrontare il male che circonda una città apparentemente tranquilla. Il personaggio dell’insegnante nonché scrittore Nathan Bratt è una versione più goffa di R.L. Stine, il quale non solo compare negli adattamenti cinematografici, ma anche nella serie televisiva andata in onda dal 1995 al 1998.
Nathan, proprio come Stine nei due film, ha a che fare con la mascotte di Piccoli brividi, niente meno che Slappy e, anche stavolta, il pupazzo parlante non delude le aspettative. Slappy è rappresentato metaforicamente come una droga pericolosa da cui sembra impossibile farne a meno e quando entra in scena la serie tocca i vertici più alti. Inoltre, la scelta di ambientare la serie in una città così grigia e tetra (distanziandosi da quella più vivace e fumettosa della serie degli anni Novanta) fa centro visto che riesce a rimanere impressa nella mente.
Il difetto principale di Piccoli brividi risiede nei personaggi privi di spessore (se dovessero fare un’altra stagione sarebbe necessario dare più carisma ai cinque studenti), cosa che avevano fin da subito i vari Buffy, Willow, Xander e Giles in Buffy l’ammazzavampiri, o Will, Undici, Michael, Lucas e Dustin in Stranger Things. Inoltre, si ha l’impressione che in alcuni momenti manchi il coraggio di affondare il colpo, come ad esempio rendere più horror alcune situazioni ideali.
Obiettivamente, però, non era facile realizzare un prodotto che unisse alcuni libri di Stine facendone una storia a parte e i due sviluppatori hanno creato una storia comunque intrigante e con dei risvolti interessanti. Tra la serie degli anni Novanta e la serie del 2023 il target non cambia perché sono sempre i Millennials, ma nel primo caso i ragazzi avevano un certo stupore nel vedere queste storie light horror, nel secondo c’è l’interesse ma non lo stupore.