La “Trilogia del vento”: a teatro l’inesorabile cerchio della vita

21 Novembre 2023

Il vento che porta via gli anni, i ricordi, le tracce della vita. Il vento che porta via le sofferenze, ma anche le esistenze. Il vento che mescola le carte, che dipana le nubi e nel contempo impedisce alla luce di giungere limpida. La “Trilogia del vento” proposta a novembre da Roma Europa Festival sul palco del Teatro Vascello è un viaggio per le tappe della vita. Tra istinto, spontaneità e i condizionamenti delle sovrastrutture culturali che dall’altro ci sovrastano, a volte ci proteggono, altre ci condannano. Categorie e istruzioni che di sicuro condizionano, sin dalla tenera età. Ne sono prova gli allievi de “La classe”, docupuppets per marionette e uomini, giovanissimi alle prese con le pretese degli adulti, siano gli educatori-insegnanti, siano i genitori. La lente di Fabiana Iacozzilli mostra al pubblico che, negli effetti e nello svilupparsi del quotidiano, la scuola degli anni ’80 non era poi tanto diversa dai tempi attuali. I metodi erano più spicci, violenti e piuttosto discutibili, questo sì. L’emarginazione del debole, dell’altro rispetto ai “canoni” che si faceva accanimento e sfociava in soprusi. Un percorso volutamente rigido, ma non giustificato nella mise en scene e commentato, in audiodiffusione, dalle voci degli alunni divenuti adulti. Le violenze mascherate dalla disciplina, tollerate e a volte persino giustificate, dai genitori di allora e dai pupazzi di legno (clamorosamente divertenti e al contempo irriverenti) divenuti essi stessi grandi. Una studentessa vive il quotidiano con una lente differente, ma è l’unica della classe ad avere uno sguardo aperto e viene inghiottita dalla sbiadità uniformità che inconsapevolmente, o per pigrizia, accettano i compagni.

Idem comparate per la donna adulta costretta dalla società a divenire mamma, anche se in cuor suo non lo vuole. Il pancione iperbolico, iperrealista è la misura visiva e volumetrica dell’insopportabile fardello. Imbreccia un fucile, l’intensa Marta Meneghetti, lo punta contro la cicogna colpevole del misfatto. Quel figlio destinato ad arrivare ma su pressione della comunità, del costrutto sociale che si trova intorno all’individuo, delle pressioni morali che annullano la volontà dell’individuo-persona. Dove sta scritto, fa riflettere Iacozzilli, che esiste un equazione perfetta tra gene femminile e genitorialità, dove? Il frutto del non-desiderio è un bambino che nasce nel corpo di un vecchio, rifiutato e ignorato da una mamma che è in crisi totale. Quel bambino anziano – interpretato da Roberto Montosi – in un attimo si tramuta nel padre anziano e non autosufficiente di quella madre disperata. Che verso il genitore ha invece l’approccio benevolo di chi sacrificherebbe tutto per amore.

Ai genitori divenuti anziani si attaccano con ogni forza anche i figli ne “Il grande vuoto”, terzo e conclusivo episodio della trilogia Iaccozziliana. Debutto nazionale, da una drammaturgia di Linda Dalisi, che conferma le attese e chiude il cerchio della presenza dei vivi, sul suolo terreno. Forse già morti nel momento in cui vengono attaccati dalle malattie neurodegenerative. L’Alzheimer si porta via tutti i ricordi, senza pietà ne possibilità di recupero. Negli stadi più avanzati si porta via, a volte, anche la dignità di umani che perdono del tutto il contatto con il reale, con i legami di sangue, con le tappe del proprio vissuto. Tutto diviene un monolite indistinto, senza nè capo nè coda, e neanche gli oggetti tenuti nell’armadio aiutano a ricostruire. E’ tutto, inesorabilmente, inutile. La Morte ha sentenziato, ma l’agonia è spesso lunghissima e la tensione nervosa si fa avvilente per i congiunti. Che ci provano in tutti i modi, a dipanare le nubi della confusione, ma invano. Il vento ha spazzato via gli stadi della memoria, il futuro è lassù tra i celesti.

Il progetto, prodotto da REF insieme a Cranpi e alla Fabbrica dell’Attore del Vascello, ha racconto il convinto gradimento del pubblico. Testimonianza ne sono i fragorosi applausi delle diverse repliche, alcune peraltro da tutto esaurito. Rileviamo la minuziosa attenzione per il comparto scenico – a firma di Fiammetta Mandich e Paola Villani – e per i movimenti degli attori alternatisi nei 3 spettacoli. Li citiamo tutti: Meneghetti, Michela Aiello, Andrei Balan, Antonia D’Amore, Francesco Meloni, Montosi, Ermanno Biagi, Francesca Farcomeni, Piero Lanzellotti, Giusi Merli, Mona Abokhatwa.
Tutti preparati e necessari, come ingranaggi infallibili, al funzionamento di un orologio ineluttabile.
Che si chiama vita, e scandisce le lancette del tempo per ciascuno di noi.

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