All’80esima edizione del Festival di Venezia è stato presentato in concorso “Priscilla“, il nuovo film di Sofia Coppola che racconta la travagliata storia d’amore iniziata nel 1959 tra la liceale Priscilla Beaulieu (interpretata da Cailee Spaeny) e la star del rock’n’roll Elvis Presley (interpretato da Jacob Elordi). Il lungometraggio, in uscita il 27 marzo al cinema, si pone come adattamento cinematografico delle memorie del 1985 “Elvis and Me“, scritte dalla moglie di Elvis Presley con Sandra Harmon.
La pellicola gira attorno al patriarcato e alla fallocrazia attraverso gli occhi di Priscilla Presley, diventando a tutti gli effetti coerente con i tempi che corrono visto che di recente sono usciti “Barbie“, “C’è ancora domani” e “Povere creature“, i quali trattano la stessa tematica seppur declinata in forme diverse. Sofia Coppola, figlia d’arte di Francis Ford Coppola, descrive questa storia con la sua solita delicatezza registica che si rivela efficace.
Lo stesso personaggio di Elvis Presley è addirittura molto più interessante in “Priscilla” che nel suo biopic portato in sala da Baz Luhrmann, con la differenza che l’Elvis di Austin Butler è la marionetta manovrata dal colonnello Tom Parker (Tom Hanks), mentre quello di Jacob Elordi è il marionettista di una creaturina. Sofia Coppola indugia particolarmente sulla trasformazione che compie Priscilla per mano di un uomo pieno di conflitti interiori. Elvis Presley ha infatti molti complessi sulla differenza di età che ha con la sua amata, tanto che la veste e temporeggia nel farci sesso.
Eppure, Sofia non ci dice perché un divo del suo calibro si sia innamorato di una ragazzina, forse perché rivede in lei la madre che non ha più? o forse perché lei rispetto alle altre donne che gli corrono dietro non ha doppi fini? Sofia non ci fornisce delle risposte esaustive ma ci può dare alcuni indizi che possono portare lo spettatore a trarre le conclusioni, proprio come il finale del suo prodotto più celebre “Lost in translation“.
Ciò che resta nella mente dello spettatore dopo aver visto “Priscilla“ non è la performance di Spaeny ed Elordi, che comunque ben si sono prestati alla sceneggiatura di Coppola, bensì la delicatezza con cui la regista newyorkese racconta tale storia. Il film, sebbene ometta qualche didascalia temporale di troppo sul finale, è molto più efficace dell’artificioso e superficiale “Elvis“, talmente sostenuto dall’ottima interpretazione di Austin Butler che fa finire nel dimenticatoio addirittura la Priscilla di Olivia DeJonge.