Massimiliano Toni e il progetto “Romanza criminale” in prima assoluta alla IUC di Roma

26 Marzo 2024

intervista di Emiliano Metalli

Debutta il 2 aprile per la stagione della IUC un progetto molto originale: Romanza Criminale.

Il titolo di per sé è già accattivante, giocando su un doppio senso strizza l’occhio al filone noto della malavita romana, però propone un genere musicale che attraversa i secoli per giungere con la stessa intensità fino a noi. E ci fa porre anche qualche domanda: qual è il legame fra sofferenza e amore? Fra delitto e amore? Ne parliamo con Massimiliano Toni in veste di esecutore, ma anche e soprattutto di creativo – composizioni e arrangiamenti sono di sua mano – perché un lavoro come questo punta a conservare e rinnovare al tempo stesso il materiale musicale.

Come è nata questa idea di Romanza Criminale?

È nata per scherzo. Un amico – Giordano Antonelli – mi chiese un arrangiamento di Sinnò me moro, famosa canzone romana, per un bis in un concerto barocco dedicato ad Artemisia Gentileschi: l’accoglienza del pubblico è stata molto calorosa. Era solo uno spunto… io che tendo a mescolare i generi musicali, soprattutto partendo dal barocco, ho cavalcato quell’idea che, all’inizio, era molto generica, di creare uno spettacolo che avesse lo stesso sapore.

C’è una vena noir nella canzone romana rispetto alla napoletana. Temi come l’omicidio, il suicidio, il femminicidio e chiaramente l’amore, ma con un forte legame cinico fra amore e morte. È subentrato Giovanni D’Alò, direttore artistico IUC, che ha sposato il progetto e così il 2 aprile c’è il debutto e il 4 saremo alla Fondazione Nuovo Teatro Faraggiana a Novara.

Cosa ti porta a fondere repertori così distanti nel tempo?

La storia della musica è un po’ a cicli ricorrenti. Io feci un arrangiamento di Orfeo di Monteverdi, musica molto antica, eppure proprio per questo più moderna. Si tratta di un arrangiamento che va oltre le indicazioni, molto essenziali, del compositore, ma allo stesso tempo ne rispetta la portata creatrice. Riprendo il discorso dei cicli: per esempio troviamo una scala musicale che noi consideriamo blues in Victimae Paschali Laudes, oppure la melodia della prima aria di Orfeo è molto simile, per coincidenza ha la stessa tonalità, di un brano dei Pink Floyd. Conoscendo bene la musica e facendo tante trascrizioni, ho visto e seguito a vedere coincidenze e richiami fra stili e generi spesso lontani da loro. Mi piace l’idea di creare, accostandoli.

Nei brani si parla anche d’amore: è lo stesso amore a essere “criminale”, come oggi è spesso denunciato?

Da un punto di vista personale ovviamente sì. Nel caso di Lella direi che la situazione è ancora più calzante. Questo cinismo degli anni ’70 nel testo di Lella – la confessione indiretta – è oggi molto attuale. Nell’arrangiamento abbiamo dato una voce a “Lella (…) sepolta co’‘ste mano!” che risponde in qualche modo (con una Passacaglia barocca) all’atteggiamento dell’assassino indifferente. È un segnale musicale, ma anche sociale.

E come si intende il termine “Romanza”?

Non il genere musicale specifico, ma la canzone in senso ampio.

Potremmo dire che, in fondo, è Roma a essere il centro di questo progetto?

Sicuramente. Roma e la romanità. Questa crudezza, il cinismo dei romani, sensibili ma fatalisti. Sono sentimenti che vediamo declinati in vari modi: da Scarpia ai piccoli criminali di borgata, da Luigi Magni a, nuovamente, Giacomo Puccini nell’anno del suo centenario.

Forte è il richiamo a Roma nella Ninna nanna di Trilussa contro la guerra, altro tema molto attuale. In conclusione, comunque, Roma è presente al cento per cento in ogni brano del nostro spettacolo.

Le caratteristiche in comune fra i brani sono più musicali o più testuali? Insomma, vecchio dilemma: viene prima la musica e poi le parole o viceversa?

I testi sono stati importanti in questo contesto. Per quanto riguarda i brani antichi, “Scrivete occhi dolenti”, con cui apriamo il concerto, è un po’ il manifesto di amore e morte e della storia che andremo a raccontare. Alcune scelte sono personali, forse più distanti da un tema chiaro, ma la storia della musica riporta alla romanità anche per altre strade. I contenuti testuali sono tuttavia molto significativi.

Potremmo dividere il programma in diversi periodi: antico, classico (nel senso di più noto etipicamente romanesco) e contemporaneo. Quale parte è arrivata per prima? In che modo?

Un po’ tutto contemporaneamente. Per me che conosco e frequento vari periodi musicali non c’è una differenza cronologica nella scelta. Si tratta di scelte sulla base di un “sentire” personale e musicale, creo i collegamenti attraverso i linguaggi.

Nicola Piovani ha sostenuto più volte la minore qualità della musica romana (o romanesca, sempre a dirla meglio) rispetto alla ricchezza della tradizione napoletana. Condividi la sua affermazione?

La finalità di questo progetto è quella di restituire una qualità musicale più alta, allo stesso rango della napoletana, attraverso gli arrangiamenti, per dare dignità a un genere che è, forse, più semplice, ma non inferiore. Dare sentimento e profondità alla canzone romana attraverso questa peculiarità.

Fra antico e contemporaneo hai una tua predilezione in particolare, frutto anche dei tuoi studi, del tuo percorso?

No, per me è tutto insieme. Mi piace tutto. E infatti sono propenso a mescolare e creare contrasti anche all’interno dello stesso brano. Accostare stili diversi che hanno solo una piccola traccia flebile in comune. Trovo nella mia testa il modo di accostarli, ma poi funziona.

Come hai lavorato sul repertorio musicale? È stata una rielaborazione più filologica o creativa? Solitario o di team?

Ho lavorato da solo e godo umilmente della stima e considerazione di coloro che collaborano con me, musicisti eccellenti. Ovviamente per i miei studi io suono le tastiere, per questo mi avvalgo dei loro consigli quando compongo o arrangio un brano per altri strumenti. Ho fatto molti incontri preliminari singoli prima delle prove d’assieme per valutare insieme i vari passaggi. Lo sforzo quindi è comune, ma le note, le dinamiche e tutto il resto lo eseguono come io vorrei.

Cosa ha guidato gli arrangiamenti: la vocalità o il colore strumentale, l’armonia o la melodia?

Tutti e quattro. La vocalità sicuramente, perché non sono partito da uno spartito, ma ho trascritto tutto a orecchio. Le canzoni moderne sono state trascritte da me. L’armonia – io sono organista di nascita – è per me importante. Mi piace mettere armonie complicate sotto melodie semplici. La voce è fondamentale ed è la linea guida, ma gli strumenti diventano molto importanti.

Cosa si intende per mise-en-espace, in questo progetto?

Non è completamente scenica, ma non è neppure un concerto classico con leggio e spartito. Noi raccontiamo storie e sul palco coerentemente ci comportiamo come in una rappresentazione di quella storia. Non ci sono costumi né scene né tantomeno un disegno luci. Questa è la differenza con un vero spettacolo rappresentativo, tipo l’opera. Mettiamo le storie nello spazio, anche per noi strumentisti questo concerto è molto diverso. Più performativo che esecutivo.

Gli strumenti e la voce si inseriscono in una tradizione esecutiva o vogliono raggiungere altri esiti, più contemporanei, anche attraverso la manipolazione del suono, mi riferisco alla presenza di Oscar Mapelli come sound engineer?

In questo caso i suoni non vengono manipolati dalla regia, ma Oscar è importantissimo perché noi abbiamo una mescolanza di strumenti con dinamiche diverse – dalla tromba al clavicembalo, dal liuto alla chitarra elettrica – e abbiamo bisogno di un bilanciamento generale che preveda una centralità di questa sua figura. Tuttavia ci sono direzioni timbriche innovative rispetto alla tradizione. Per esempio “Pablo” di De Gregori è un misto fra techno, Philip Glass e calore della canzone messa alle strette dall’arrangiamento minimalista e meccanico. La distorsione è presente, ma per esigenze drammaturgiche, come pure in Addio Roma da Monteverdi.

Come ribadito più volte, Romanza criminale è molto vicina alla “romanità”: i compositori più antichi, i temi classici e l’iconografia contemporanea, tutto riporta alla città eterna. Come immagini il viaggio di questo progetto fuori dalla città di Roma?

È una bellissima domanda che vale per ogni produzione artistica. Gillespie e Parker quando suonavano il bebop non pensavano che si sarebbe diffuso in tutto il mondo. Mancava il sentimento di quei luoghi, forse, ma la musica è arrivata ovunque. Lo stesso potrebbe accadere con questo progetto. Io ho tentato di dare una veste strumentale internazionale, compresa anche da chi non è romano. Indubbiamente alcuni dettagli della romanità saranno compresi parzialmente, però l’arrangiamento è un modo per far uscire fuori anche da un punto di vista sonoro il sentimento della romanità stessa. Senza comprendere troppo, senza eccessivamente ragionare, ma abbandonandoci all’emozione. Spero che succeda con questi brani romani anche al di fuori di Roma.

Fra tutti qual è il brano che racconta meglio il progetto di Romanza Criminale? Quale usereste come presentazione?

Mi piacciono tutti allo stesso modo. La scrittura dell’arrangiamento mi fa immergere nei pezzi, per cui non saprei dire… ma forse il Barcarolo Romano è una canzone che più di altre mi strugge l’anima.

IUC – 2 aprile 2024 ore 20.30

Romanza Criminale

Susanne Bungaard voce e percussioni

Fabia Salvucci voce

Massimiliano Toni cembalo, tastiere, arrangiamenti, direzione musicale

Oscar Mapelli sound engineer, live electronics

Deda Cristina Colonna mise en espace

Ensemble La Terza Prattica

Una produzione IUC –La Terza Prattica

Prima rappresentazione assoluta

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