Roberto Bolle a Montecitorio: “Diamo valore alla tradizione e alla cultura della danza. Facciamone un punto di forza e di rinascita!”

14 Gennaio 2022

Testo Roberta Leo

Non è la prima volta che la danza entra in Parlamento per far sentire la propria voce. Già da alcuni anni alcuni operatori, e associazioni sindacali di settore hanno iniziato a condurre indagini, studi e, numeri alla mano, hanno cominciato a chiedere audizione presso le Commissioni Cultura che si sono alternate nelle varie legislature degli ultimi anni. La loro è stata, ed è tuttora, una richiesta di aiuto alle istituzioni, per dirigere l’attenzione di queste ultime sulla situazione gravissima in cui la danza italiana, ormai nota come la ‘cenerentola’ delle arti, versa da troppo tempo.

L’étoile dei due mondi Roberto Bolle, finalmente scende in campo, anzi, in piazza Montecitorio. Dopo essere stato spesso criticato per i suoi silenzi sulla grave condizione della danza italiana e tacciato di presunzione autoreferenzialità per i suoi programmi televisivi, che invece hanno avuto solo il merito di mostrare alla gente comune la bellezza e la cultura del nostro Paese con la sua storica tradizione coreutica, delinea un quadro chiarissimo sulla danza italiana, ricco di dati e soluzioni concrete. La sua audizione è stata la dimostrazione che Roberto Bolle è sempre stato in prima linea nella battaglia per la nostra danza. Ha combattuto con la sua pacatezza e la sua eleganza, ma anche con iniziative concrete che ovviamente possono arrivare solo da chi di danza ne capisce e di essa vive. Come Bolle e come tanti altri artisti, danzatori professionisti e non. Dopo che la pandemia ha messo definitivamente in ginocchio la danza
italiana, forse Bolle ha scelto un momento ottimale per parlare. E la sua audizione non è da meno rispetto a chi è sceso in piazza con i bauli dei lavoratori dello spettacolo o a chi, in passato, ha proposto leggi, iniziative a favore della danza. L’obiettivo non è ripristinare la situazione antecedente alla pandemia, già di per sé gravissima, bensì revisionare, ristrutturare il sistema, portare avanti la tradizione adattandola ai mutamenti socio-economici e politici del paese.

La voce di Bolle è stata la punta dell’iceberg di un lavoro importantissimo e fondamentale di sensibilizzazione e comunicazione che già da anni viene svolto dagli operatori di settore. E di questo il mondo della danza sarà sempre loro grato. E forse sarà proprio la popolarità di Bolle a destare finalmente l’orecchio delle istituzioni, già solleticato dalle precedenti operazioni compiute da danzatori, coreografi, docenti e direttori. Per risollevare questa meravigliosa arte c’è bisogno di rete, di diversi modus operandi e competenze. I risultati comuni saranno grandi solo se si lavora in un ‘ottica di comune sentire. Banquo Magazine ha scelto di riportare le parole del ballerino per prendere parte, nel suo piccolo, a questa battaglia per la rinascita del nostro Paese attraverso la cultura.

“Buongiorno Presidente, buongiorno a tutti, Voglio iniziare questo mio intervento con alcuni nomi: Caterina de Medici, Baldassare da Belgioioso, Giambattista Lulli, Enrico Cecchetti. Nomi importanti e in parte dimenticati. Nomi che hanno in comune due cose fondamentali. La prima è che hanno creato, dato forma e struttura ad un genere artistico e culturale, il Balletto, che ha influenzato il mondo intero in maniera irreversibile. La seconda è che erano tutti italiani. La Danza Classica è nata e si è evoluta attraverso le menti creative di italiani che hanno sentito la necessità di portare più in alto il livello espressivo delle arti rappresentative del loro tempo. Luminari che hanno avuto il coraggio di cambiare la rotta, di inventarne una nuova, per toccare corde più profonde. E per tutto l’Ottocento e parte del Novecento, i maestri, e le grandi ballerine nel mondo saranno per la maggior parte italiani. Gli italiani saranno artisti di grido e di esportazione: andranno oltralpe ad insegnare, divulgare e promuovere la loro arte. Ammirati e celebrati.

Dico questo perché saper dare il giusto valore alla Storia è il primo passo per costruire il Futuro. Al contrario sembra proprio che il nostro glorioso passato sia stato dimenticato e lasciato indegnamente alle spalle. La situazione della Danza in Italia é sempre più difficile e arida, fatta di compagnie teatrali sempre più scarne, di corpi di ballo che vengono chiusi, di assoluta mancanza di protezione per la categoria artistica, di ballerini che devono lasciare il proprio Paese per vivere della loro passione e cercare di realizzare i propri sogni. Il mio intervento di oggi è al tempo stesso un grido di dolore e una richiesta di aiuto per il Balletto in Italia. Diciamo le cose come stanno: negli ultimi decenni è stato compiuto un vero e proprio scempio verso la danza italiana, un depauperamento di cui ci si può solo vergognare.

La Danza italiana viene costantemente avvilita, trattata come la Cenerentola delle arti, con Opera lirica e musica sinfonica nel ruolo delle sorelle privilegiate, cui sono riservate le attenzioni e le cure delle Fondazioni. Da cosa nasce questa decisione?

Non certo dall’insostenibilità di un corpo di ballo. Ma nasce da una scarsa conoscenza del settore e da una mancanza di visione di chi ne era responsabile sia a livello governativo che di gestione dei teatri. Molti sovrintendenti amano l’opera, amano la musica. Al contrario molto raramente conoscono e apprezzano la danza. La frase più comune che si sente dire è “Non capisco nulla di Danza”. E una risposta sta proprio lì: il Balletto è vittima dell’ignoranza di chi, per il ruolo che ricopre, dovrebbe proteggerlo, promuoverlo e valorizzarlo.

Invece il taglio del costo del ballo é sempre stata la carta più facile da giocare sul piatto di un contenimento dei costi. Un gravissimo errore che non tiene conto dei numeri della danza. I numeri appunto: nel nostro Paese ci sono circa 17 mila scuole di danza e 1 milione 400 mila studenti. Ma nonostante questi numeri impressionanti, a causa di ignoranza e mancanza di visione di cui sopra, in Italia sono sopravvissuti solo 4 corpi di ballo. Abbiamo 14 Fondazioni lirico-sinfoniche, teatri che sono eccellenze nel nostro Paese e nel mondo. 14 orchestre. 14 cori. 4 corpi di ballo. Nelle Fondazioni lirico-sinfoniche dove attualmente non c’è un corpo di ballo, si chiamano gruppi e compagnie esterne.

Riprendendo alcuni dati esposti dagli amici di Danza Error System nella loro audizione a questa commissione, voglio rimarcare che dal 2016 ad oggi, tra balletti ed opere con balletto, il totale delle produzioni esternalizzate è di circa 290. Calcolando una media di 4/5 recite per ogni titolo, si tratta di almeno 1.000/1.500 spettacoli esternalizzati negli
ultimi 5 anni. Ciò vuol dire che la maggior parte delle danzatrici e dei danzatori italiani, dopo anni di rigorosi studi nelle nostre Accademie, è costretta ad espatriare. L’investimento, anche economico, fatto da questi ragazzi non ha vie di sbocco nel nostro Paese. Non rimane che andare all’Estero.

I corpi di ballo in Italia dicevamo essere 4: Milano-Roma-Napoli-Palermo. Il corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano, sia da un punto di vista dell’organico sia per la completezza e la varietà della programmazione, rappresenta un punto di riferimento. Per quanto riguarda gli altri tre teatri, nel 2019, ultimo anno pre-pandemia, comparando le produzioni di opera lirica con quelle di balletto, i titoli di balletto hanno rappresentato le seguenti percentuali: al Teatro dell’Opera di Roma, il 38%, al Teatro San Carlo di Napoli, il 29%, al Teatro Massimo di Palermo, il 18%. A Roma le danzatrici e i danzatori assunti con contratti precari sono stati il 67%, a Napoli il 63% e a Palermo l’85%. Nel caso di Roma, oggi, grazie alle vertenze contro l’abuso dei contratti a termine, l’organico stabile del corpo di ballo conta ora una sessantina di elementi; a Napoli, invece, l’organico stabile è di circa 15 danzatori. A Palermo l’organico stabile odierno si compone di poco più di 10 elementi. Napoli e Palermo sono corpi di ballo In fin di vita, destinati a morire se non si interviene rapidamente. Qualcosa ultimamente è stato fatto da Lissner e Giambrone, ma ancora troppo poco, ancora con troppi pochi mezzi a disposizione. Ci vuole davvero la volontà di cambiare la situazione a diversi livelli.

Aggiungiamo il caso vergognoso dell’Arena di Verona. Il corpo di ballo stabile è stato licenziato nel 2017, ma non certo perché manchino le occasioni di mettere in scena balletti. Da allora ad oggi, infatti, la Fondazione ha prodotto almeno 44 produzioni con coreografie.

Nella maggior parte di questi 44 titoli, la Fondazione ha assunto nuovamente, ma con contratti a tempo determinato, alcuni degli stessi ex danzatori stabili precedentemente licenziati che, incentivati da una somma economica offerta loro dalla Fondazione, non hanno impugnato il licenziamento. Quindi anche qui si sceglie di favorire situazioni precarie e togliere garanzie, certezze e diritti ai lavoratori.

Ora, se vogliamo davvero fare qualcosa e dare una boccata d’ossigeno al nostro balletto agonizzante bisogna prima di tutto stabilizzare le danzatrici e i danzatori di Napoli e Palermo, ripristinando un organico consono. Rimettere in piedi il corpo di ballo stabile all’Arena di Verona. Solo a Verona c’è la stagione areniana e impegna un organico per diversi mesi all’anno, e poi esistono già le strutture per le prove, teatro filarmonico, teatro romano. Mettere mano alla situazione del MaggioDanza, a Firenze, compagnia di storia e prestigio indiscussi. Equiparare il punteggio Fus del balletto con quello dell’opera lirica. Diminuire il punteggio del Fus per le attività prodotte da un corpo di ballo esterno, che oggi valgono tanto quanto quelle svolte da un corpo di ballo interno. Incentivare e sostenere finanziariamente quei teatri che decidono di investire nei corpi di ballo. e incentivare e agevolare le coproduzioni tra i teatri e le tournée dei nostri corpi di ballo nelle altre Fondazioni e negli altri Teatri italiani. Modificare la denominazione Fondazioni Lirico-Sinfoniche in “Fondazioni lirico-sinfoniche e coreutiche”, come simbolo della loro identità, e stanziare un fondo apposito per la salvaguardia e la ricostituzione dei corpi di ballo stabili in questi enti. Quindi incentivare le Fondazioni che reintroducono corpi di ballo. Ricordiamoci infatti che le Fondazioni si differenziano dalla maggior parte dei teatri privati proprio perché vengono finanziate con milioni di euro pubblici, proprio per avere al loro interno masse artistiche stabili e garantire programmazioni 12 mesi all’anno.

Per concludere voglio aggiungere che un corpo di ballo ha una ricaduta economica molto importante sui tanti settori ad esso collegati, su maestranze e su professionalità diverse: da pianisti, costumisti, sarti, scenografi, scuole di ballo etc.Ma valutiamo anche il valore della danza per l’impatto sociale che ha per le giovani generazioni: pensate quanti ragazzi e ragazze sognano di diventare ballerini e vivono di quel sogno e nutrono la loro infanzia e adolescenza con la passione per la danza, con i valori etici, morali che sono propri di quest’arte: disciplina del corpo e della mente, ricerca di bellezza e armonia.

Quindi eliminare un corpo di ballo vuol dire inaridire tutto il settore delle scuole di ballo e delle realtà che operano sul territorio ma anche inaridire i nostri ragazzi perché si perdono passione, motivazioni e aspirazioni di migliaia di giovani.

L’Arte e la cultura sono eccellenze del nostro Paese. sono la nostra tradizione e la nostra identità ma anche il nostro oro e il nostro petrolio, cioè se da una parte sono quello che ci rende unici e speciali, dall’altra, se ben gestite potrebbero rappresentare una grande risorsa, anche economica.

Quindi diamo valore alla tradizione e alla cultura della danza. Facciamone un punto di forza e di rinascita. È il momento che si attui un cambiamento. La mia voce si unisce al grido collettivo della categoria che qui rappresento. Grazie”.

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