A tu per tu con Nadia Baldi, regista e consulente alla
direzione artistica del Campania Teatro Festival, che fino
all’11 luglio illuminerà Napoli e l’intera regione Campania
con spettacoli, musica, cinema e tanto altro
Testo Maresa Palmacci
Dopo mesi di assenza di spettacolo dal vivo, dopo giorni e giorni di platee vuote e di sipari abbassati, le porte dei teatri si stanno pian piano riaprendo, offrendo al pubblico la possibilità di tornare a respirare arte, di conoscere storie e personaggi, di emozionarsi e sognare ad occhi aperti.
Diversi sono i Festival teatrali che stanno per partire, cercando di coniugare bellezze paesaggistiche, spazi all’aperto e proposte artistiche innovative, colorando la stagione estiva. Tra le tante iniziative, spicca il Campania Teatro Festival, diretto da Ruggero Cappuccio, che dal 12 giugno all’11 luglio animerà Napoli e l’intera regione Campania con un cartellone che prevede 159 eventi, suddivisi in 10 sezioni (Prosa Italiana, Internazionale, Osservatorio, SportOpera, Danza, Musica, Letteratura, Cinema, Mostre, Progetti Speciali), con 70 debutti assoluti e 3 nazionali.
Lo slogan di questa quattordicesima edizione è proprio “Il teatro rinasce con te”, a sottolineare ancora una volta lo slancio verso la ri-nascita di un settore che ha subito più di altri le dure conseguenze economiche della pandemia, e che è da sempre in difficoltà.
Una ripartenza coraggiosa, che intende donare un’innovativa linfa vitale agli artisti e soprattutto al pubblico, aprendosi all’intera regione. Il Real Bosco di Capodimonte sarà la sede centrale del Festival con l’allestimento di ben otto palchi, mentre altri eventi abiteranno il Teatro Grande di Pompei, il Belvedere di San Leucio a Caserta, a Montesarchio (in piazza Umberto I e nel Museo Archeologico del Sannio Caudino), il Teatro Naturale di Pietrelcina, l’Anfiteatro di Avella e Salerno, il Chiostro del Duomo e l’esterno del teatro Ghirelli. Appuntamenti a Napoli ci saranno anche nell’Archivio di Stato di Napoli, nel Refettorio del Chiostro di San Domenico Maggiore, a Made in Cloistere, sempre a Capodimonte, nella Sala Causa. Una geografia di luoghi variegata per una programmazione altrettanto varia che si muove in equilibrio tra passato e presente, con uno sguardo privilegiato alla drammaturgia contemporanea.
Per comprendere più a fondo e da vicino cosa voglia dire avere il coraggio di ripartire con un Festival così strutturato, dal respiro nazionale e internazionale, abbiamo incontrato la consulente alla direzione artistica, la regista Nadia Baldi, la quale ha sottolineato come l’arte stessa sia sinonimo di coraggio e gli artisti “sono la fascia d’ umanità più coraggiosa e più fragile in continuo inseguimento amoroso.”
Un dialogo sentito sull’essenza e il valore dell’arte come antidoto, come luce sul buio che ha avvolto questi mesi, sulla natura del teatro, sull’importanza del pubblico in relazione con l’artista.
Un’occasione preziosa per immergersi nelle novità di questa nuova edizione del Campania Teatro Festival, in cui la stessa Baldi presenta il suo “Autobus Numero 2857”, dock film che affronta il delicato tema della segregazione razziale a partire dalla vicenda accaduta il primo dicembre di sessantasei anni fa, quando a Montgomery in Alabama, una 42enne afro-americana di nome Rosa Parks rifiutò di alzarsi dal suo posto sull’autobus
numero 2857 per cederlo a una donna bianca.
Nadia Baldi ci offre il punto di vista di un’artista, ma soprattutto di una donna che crede nel coraggio e nella “follia”, ingredienti necessari per dare vita ad un sogno, per far si che diventi realtà. Proprio come un Festival.
Un’artista che ha il coraggio di urlare l’importanza del proprio mestiere e della propria missione, che si augura che l’arte possa diventare una meravigliosa moda. Una necessaria tendenza.
Lo Slogan di questa edizione del Festival è “Il teatro rinasce con te”… Secondo Lei in che modo rinascerà il teatro con il Campania Teatro Festival? Che ruolo avranno gli spettatori? E gli artisti? La rinascita del teatro è già di per sé nella natura del teatro. In teatro si rinasce ogni volta. Il ‘qui ed ora’ rende questo luogo uno dei posti più affascinanti dove il pubblico diventa protagonista quanto gli artisti. Il progetto del Campania Teatro Festival si attesta anche quest’anno un luogo e un modo dove è possibile, e più che mai, rinascere ancora. Questo strano momento ha penalizzato tantissimo l’Arte non tenendo conto che l’Arte è uno dei pochi antidoti che ha reso la clausura una finestra sul mondo, che ha dato ossigeno a menti immobilizzate, che ha restituito il senso ai nostri tempi perduti.
Il “Napoli Teatro Festival” diventa “Campania Teatro Festival”: un vero atto di coraggio che estende la cultura a tutta la regione valorizzando anche le bellezze del territorio. Com’è cresciuto il Festival in questi anni e come spera potrà crescere ed evolversi nel futuro? Il Festival sotto la nostra direzione ha cambiato identità. Ha messo radici più profonde nel teatro sociale, ha coinvolto luoghi e città della Regione Campania in maniera più corposa, ha dato accesso al pubblico con una politica dei prezzi straordinaria dando la possibilità a chiunque e soprattutto a giovani e a categorie in difficoltà di poter accedere a tutti gli spettacoli. Il Festival si è occupato in questi ultimi anni di beneficenza, di restauro di opere d’arte, di artisti rifugiati politici che arrivavano da tutto il mondo, di immigrati, di situazioni disagiate. Ha dato una vetrina agli invisibili con la sezione Osservatorio, ha ottenuto il riconoscimento del Ministero dei beni culturali, ha incuriosito i maggiori media televisivi nazionali e internazionali. Ha prodotto e coprodotto diverse opere prime… Insomma davvero tante cose da raccontare.
È consulente alla direzione artistica e, mai come quest’anno, il programma del Festival è variegato, ambizioso, prestigioso. Una ricchezza che viene esaltata, valorizzata e veicolata non solo attraverso il coinvolgimento di tante importanti realtà del panorama teatrale italiano ed estero. Come ha operato nella scelta e nella composizione di una programmazione che vede 159 eventi per un mese di programmazione, suddivisi in 10 sezioni, con 70 debutti assoluti e 3 nazionali? Chiaramente il mio dialogo costante, stimolante e ormai ventennale con Ruggero Cappuccio, il direttore artistico del
Campania Teatro Festival, consente durante un anno di lavoro di mettere a fuoco i numerosi progetti in arrivo. Considerando che ogni anno arrivano migliaia di richieste, il nostro lavoro si muove con attenzione verso le nuove drammaturgie, le nuove formazioni giovanili, le rivisitazioni dei classici, gli artisti internazionali, cercando di accompagnare processi creativi di innovazione.
Nadia Baldi ci offre
il punto di vista
di un’artista, ma
soprattutto di una
donna che crede nel
coraggio e nella “follia”
Quali sono le novità maggiori? Quali sono i messaggi che volete lasciare? Grande spazio è dato alla nuova drammaturgia, alle donne, con spettacoli come “Una stanza tutta per se”, oppure “Un’ultima cosa” di Concita De Gregorio, “Medea per me” con Lina Sastri. Credo che più che parlare di novità bisogna sottolineare il lavoro di accoglienza di oltre 140 eventi, che porterà in vita altrettante case di produzione e circa 1500 lavoratori dello spettacolo, per non parlare dell’indotto su tutto il territorio. Mi piace anche ricordare la donazione dal ricavato dalla sezione musica all’Ospedale Cotugno di Napoli, il restauro dell’opera LA LIBERA DI SAN PIETRO DAL CARCERE di CARACCIOLO e l’acquisto delle ceramiche SERVIZIO SOLITAIRE CON RITRATTI ALL’ANTICA per il MUSEO DI CAPODIMONTE. I messaggi che si tenta di inoculare sono questi: UN ANTIDOTO? ARTE E CULTURA.
Tante donne, tante giovani autrici, registe, attrici, perfomer… Un femminile che seduce l’anima ed il corpo con la cultura. A tal proposito cito il debutto del bellissimo progetto “Resurexit Cassandra” con Sonia Bergamasco di Ruggero Cappuccio, regia del Belga Jan Fabre.
Oltretutto, Lei è regista di “Autobus Numero 2857”, dock film nella sezione cinema che affronta il delicato tema della segregazione razziale a partire dalla vicenda accaduta il primo dicembre di sessantasei anni fa, quando a Montgomery in Alabama, una 42enne afro-americana di nome Rosa Parks rifiutò di alzarsi dal suo posto sull’autobus numero 2857 per cederlo a una donna bianca. Iniziò quel giorno la caduta della segregazione razziale negli Stati Uniti. Un’analisi accurata sul problema razziale e non solo, e oggi come allora è necessario ricordare il coraggio di Rosa Parks. Com’è nata l’esigenza di riportare alla luce questa vicenda? E come ha lavorato per costruire questo dock film? Parlare di ingiustizia, di abuso, di violenza di genere è un po’ la mia mission da un punto di vista creativo. Devo però
ringraziare la Regione Campania che nel 2020 ha messo in campo “The Rosa Parks House Project” di Ryan Mendoza ospitando l’opera nel Cortile d’onore di Palazzo Reale e chiedendo alla direzione artistica della Fondazione Campania dei Festival di progettare dei lavori intorno a questa straordinaria donna.
Di qui il mio affascinante viaggio nel suo mondo. Il suo NO è diventato per me l’ossessione creativa, il fascino sensuale della battaglia contro i soprusi. In questo Autobus 2857 ho fatto salire una scrittrice che è Benedetta Palmieri, un grande attore che è Vinicio Marchioni e un talentuoso compositore che è Ivo Parlati e siamo partiti senza soste obbligate fino a raggiungere questo strano capolinea che è la consapevolezza.
Le forme razziali nascono da menti deviate, così come qualsiasi forma di violenza. L’arte può essere un antidoto a tutto questo?
L’Arte, e non la spettacolarizzazione effettistica fine a se stessa, salva gli artisti in primis e poi chi con loro ne fa uso. Come sarebbe bello se l’Arte divenisse una moda… tutti alla ricerca dello spettacolo, del libro, del film, del concerto, della pittura più esclusiva, più intrigante, più stimolante. Ricercatori di Arte esclusiva.
Lei è una donna che con coraggio denuncia problematiche come queste attraverso l’arte, è una donna che con coraggio dirige un Festival. È più difficile essere coraggiose per una donna?
Essere donna nel mondo dell’Arte è decisamente più faticoso, non pericoloso, ma faticoso sì. Il coraggio è l’ingrediente segreto che muove tutte le mie follie artistiche. Dirigere un festival è come dare vita ai sogni. E certo per farlo ci vuole un po’ di coraggio e un po’ di follia.
Qual è l’atto di coraggio che manca, e che si augura possa avvenire, per un miglioramento e una crescita dell’intero settore spettacolo dal vivo?
Bisogna prima di tutto far capire che gli Artisti sono un bene prezioso, un bene inestimabile e che bisogna decidere di proteggerli come si fa con qualunque settore lavorativo. Noi artisti dovremmo avere il coraggio di urlarlo… Ma gli artisti sono artisti ed è per questo che il nostro urlo si sa tradurlo solo in arte.