“L’elisir d’amore” che fa davvero innamorare

27 Gennaio 2023

Dall’11 al 15 gennaio 2023 il palco del Teatro dell’Opera di Roma ha ospitato le note – composte da Gaetano Donizetti – e le parole – firmate da Felice Romani – de “L’elisir d’amore”, melodramma giocoso in due atti.

La regia dell’allestimento al quale si è assistito è di Ruggero Cappuccio, alla terza ripresa – dopo quelle del 2011 e del 2014 – della direzione di tale opera lirica.

Per chi, come me, si fosse trovato ad assistere ad un’opera per la prima volta nella sua vita, il debutto assoluto alla melomania lirica bagnato da questa storia può dirsi un debutto fortunato.

L’amore del dolce Nemorino per la risoluta – almeno apparentemente – Adina, inserito nel giocoso contesto in cui trovano spazio un personaggio tanto ciarlatano quanto simpatico quale Dulcamara e lo spaccone sergente Belcore, oltre la verace Giannetta che si ritaglia un piccolo spazio foriero di piacevolezze nella complessiva struttura drammaturgica dell’opera, accompagna simpaticamente e senza pesantezze lo spettatore per tutta la durata della proposta artistica.

La regia di Cappuccio sicuramente punta a mettere in luce la natura gioviale e leggera di un’opera che, per la maggior parte del tempo, focalizza la propria attenzione sui desideri, sui tentativi di realizzazione di questi e su tutte le varie figure che gravitano, in un modo o nell’altro, intorno a tali pensieri gravidi di dolore e passione.

Cappuccio – coadiuvato dalle scene di Nicola Rubertelli, i costumi di Carlo Poggioli e le luci di Vinicio Cheli – inscrive tutta la vicenda in un mondo luminoso ed allegro, impreziosito dall’ottimo lavoro di mimi giocolieri, trampolieri e aerialisti che per tutta la durata delle vicende abitano il palco carichi di un’energia vitale della quale sarebbe difficile pensare di fare a meno. Forti di svariate e ottime competenze, gli attori chiamati in causa accompagnano molto bene gli interpreti nel dipanarsi del filo delle scene, grazie ad una poeticità intensa insita nei loro corpi e nei loro volti che – mi ripeto – agevola il lavoro dei bravi cantanti chiamati in causa.

Juan Francisco Gatell (Nemorino), Ruth Iniesta (Adina), Vittorio Prato (Belcore), Davide Giangregorio (Dulcamara)  – componenti quello che prosaicamente e, forse, indelicatamente, ma comunque realisticamente, viene definito “secondo cast” e che ha prestato il proprio onorevole servizio nei giorni del 12 e 14 Gennaio – insieme alla sempre presente Giulia Mazzola (Giannetta), offrono delle prove di sicuro livello, caratterizzando, ciascuno a proprio modo e tramite delle voci tutte eleganti e prive di qualsiasi sicumera, le evidenti e poco sfumate peculiarità caratteriali di ogni personaggio.

 Una nota di merito va, infine, a Francesco Lanzillotta il cui lavoro di direzione d’Orchestra ha il merito di mantenere inalterato – se non addirittura di valorizzarlo – il movimento fluido senza appesantimenti di sorta che fa dell’Elisir l’Opera gradevole che è.

Ovviamente – e ciò risulta cristallino anche ad un neofita come me – tale proficuo sforzo vano sarebbe risultato senza il fondamentale contributo di Ciro Visco – Maestro del Coro – in grado di dirigere l’ensemble del quale gli è stata affidata la responsabilità in modo tale da far risaltare la natura iper-vitale di un piccolo mondo rurale che fa delle vicende dei propri esponenti di spicco fondamentale argomento di chiacchiericcio e sogno.

Come accade ancora oggi e come probabilmente accadrà anche in un futuro domani indefinibile.

Insomma l’Elisir funziona, ma ad innamorarci non è solo la bella Adina, ma anche noi spettatori.

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