“Interno Bernhard” al Teatro Argentina.

30 Gennaio 2023

È stato in scena dal 17 al 29 gennaio, presso il Teatro Argentina di Roma, lo spettacolo – o forse sarebbe meglio definirlo “il progetto” – “Interno Bernhard” di Thomas Bernhard, diretto da Andrea Baracco con Glauco Mauri e Roberto Sturno e con Stefania Micheli, Federico Brugnone, Zoe Zolferino e Giuliano Bruzzese.

Le scene e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Giacomo Vezzani e Vanja Sturno e le luci di Umile Vainieri.

Lo spettacolo – o meglio “il progetto” – è prodotto dalla Compagnia Mauri Sturno.

Composto da quelli che tecnicamente possono e devono essere definiti 2 atti unici – “Il riformatore del mondo” e “Minetti – ritratto di un artista da vecchio”, lo spettacolo in oggetto ha durata complessiva di 2h, equamente distribuite tra i suoi due componenti appena citati.

La parola a Teatro spesso si fa azione descrittiva del Mondo e, a volte, invece diventa baluardo stantio al quale aggrapparsi in assenza di vitalità. Bisogna di volta in volta capire di fronte a quale delle due situazioni descritte ci si trova una volta seduti in poltrona e, in tutta franchezza, fatte salve le professionalità, i talenti, le immense e indescrivibili carriere delle personalità in scena – ed è chiaro che in questo caso la descrizione di cui sopra fa riferimento ai titolari della Compagnia Produttrice -, in questa occasione è sembrato più di trovarsi catapultati nel secondo scenario che nel primo.

I due lavori in questione di Bernhard non prevedono altro che la restituzione orale di un pensiero e/o di un ricordo, se non addirittura di una speranza e tutto l’impianto teatrale approntato per la loro rappresentazione altro non fa che agevolare il peso specifico di ogni termine emesso dagli attori in scena. “È Teatro o è letteratura?” verrebbe da chiedersi; “assistiamo ad una messa in scena o a qualcosa di più assimilabile ad uno straordinaria prova mnemonica?”.

Questo secondo interrogativo è sicuramente più una provocazione che altro, ma nasce dalla proposta di un linguaggio del quale si fa ormai fatica a comprendere l’utilizzo, considerate le innumerevoli altre modalità possibili e portatrici, di per sé, di un’elettricità vitale qua di difficile reperibilità.

Il tempo del progetto scorre lentamente, nonostante il valore delle righe che si trasformano in onde sonore, nonostante i corpi di tutti i coinvolti che lavorano con grande dignità, nonostante i carisma di due degli attori più importanti della Storia recente d’Italia e nonostante l’intelligente direzione di un regista – Andrea Baracco – che, probabilmente, crea le condizioni migliori per far esplodere il senso dei messaggi del drammaturgo e scrittore austriaco, ma che si trova a scontrarsi con un anacronismo narrativo di difficile – a mio avviso – risoluzione.

Insomma, si fa fatica ad entrare realmente in contatto con lo spettacolo – o meglio con gli spettacoli – rimanendo dunque in rispettoso silenzio di fronte allo svolgersi delle scene, ma comprendendo ben presto che non ci si potrà attendere – almeno energeticamente – molto di più di quello che appare ad ogni inizio dei due “movimenti”.

Per concludere, quindi, sarebbe interessante venire a contatto non tanto con le disamine intellettuali intorno alle storie, quanto con le motivazioni ultime che spingono a scelte produttive di certo rispettabili, ma che si fa fatica a condividere.

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