Sani, e un teatro tra parentesi. Paolini a Palermo

15 Febbraio 2023

Un grande castello di carte, sul fondo della scena. Un muro grande e fragile, a significare il difficile rapporto tra la leggera precarietà del cumulo e la sua estensione. Per Marco Paolini, nel suo spettacolo Sani, teatro tra parentesi visto al teatro Santa Cecilia di Palermo in questo febbraio, la catasta di beni prodotti dalla società di consumi è proprio così: smisurata e fragile, se fragile è il sistema economico che ne ha determinato la produzione. Fragile, sì; perché basta poco a determinare l’esplosione di una bolla finanziaria e, cosa ancora più grave, il collasso dell’ecosistema.

Sani!” è l’espressione veneta usata per salutarsi dalla parte all’altra di un ponte. Rivolgendolo al pubblico, Paolini intende stabilire con esso un rapporto franco e diretto. La cordialità è in genere la massima cifra di questo spettacolo, la cui scrittura si frammenta in una serie di piccoli episodi, autobiografici e no, deponendo il respiro ampio e più graffiante delle grandi narrazioni (pensiamo al Racconto del Vajont, al Canto per Ustica o al Sergente). Qui invece prevale l’intrattenimento, con grande ricorso alle belle musiche di Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi, eseguite sul palco.

Paolini attraversa così differenti aneddoti impilati l’uno accanto all’altro: il disastro di Porto Marghera, la morte dell’ultimo discendente di una comunità di nativi in Amazzonia, la vicenda di Stanislav Petrov, l’uomo che riuscì a sventare il disastro globale ai tempi della guerra fredda. Ma anche ricordi personali, come il tragicomico (e unico) incontro tra Paolini e Carmelo Bene. Tutto scorre rapido, forse un po’ troppo, lungo la durata dello spettacolo, i cui contenuti finiscono per rimanere piuttosto in superficie. La risata che qui Paolini suscita non è più così amara, e seppure la leggerezza può pure, talvolta, favorire la comprensione delle cose, i singoli momenti avrebbero dovuto forse conoscere maggiore sviluppo e mordente.

Peccato: oggi più che mai è necessario procedere per nuove, grandi narrazioni, soprattutto se si pensa al cumulo di vedute parziali e spesso decontestualizzate alle quali i mass-media hanno educato i loro fruitori. Per un momento, e nello specifico quando è stata descritta la vicenda amazzone, è sembrato che ci si fosse avvicinati a una visione più ampia, più epica. Ma si è dissolta, assorbita da uno spettacolo che rimane tutto sommato godibile.

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