“Rosso”, visioni e illusioni di un’antica fiaba

15 Aprile 2023

A chiudere la prima giornata del Festival Contemporaneo Futuro è stata la presentazione e la rappresentazione degli embrionali venti minuti di “Rosso”, primo studio scritto e diretto dalle giovanissime Evelina Rosselli e Caterina Rossi, a cura di Sergio Lo Gatto; una rivisitazione che “è in quanto non è”, incompiuta, ancora in fase di lavorazione, della fiaba popolare di Cappuccetto Rosso, interpretata da una marionetta, viva grazie alla mano e alla voce di Evelina Rosselli; un lavoro per il quale il Festival ha rappresentato una vetrina dove saggiare le impressioni e rendere carne le espressioni delle prime fasi del processo creativo:

«Abbiamo scelto questa fiaba perché ha a che fare con la crescita, con il primo momento in cui il corpo inizia a esistere, e soprattutto perché parla di una giovane donna che sceglie il suo cammino, compiendo una deviazione da ciò che era prestabilito. Volevamo parlare di un eroe femminile attivo, e non di una vittima» (Caterina Rossi).

Come ricorda Evelina Rosselli nessuno conosce fino in fondo la fiaba reale, un racconto frutto di una lunga tradizione orale, che nel susseguirsi delle varie versioni ha perso il suo implicito sottotesto dal fertile simbolismo evocante violenti retaggi culturali: «Nella Francia del XVII secolo, per esempio, i cappuccetti rossi erano le cuffie indossate dalle prostitute che andavano nei boschi; anche nella favola di Perrault il lupo è l’uomo, il maschio, lo sconosciuto da cui fin da bambini dobbiamo tenerci alla larga; la nonna, il luogo verso cui la bambina si dirige, rappresenta la morte».

Sicché è un gioco di arcaici contrasti quello che si è già consumato nei primi venti minuti, e che si consumerà definitivamente nella futura realizzazione della messinscena: il corpo, la vita sensibile, l’attrice, viva, Rebecca Sisti, incarna i simboli della morte, la madre, il lupo e la nonna; mentre la materia, il corpo morto della marionetta, è incarnazione dell’uomo alla ricerca di sé stesso, della vita in tutto il suo mistero: «la fiaba è il mezzo che usiamo per affrontare nello specifico dei temi ricorrenti nella storia dell’arte,  il tempo, l’amore, la vita e la morte- continua la Rosselli -la marionetta costudisce qualcosa di misterioso, è la risposta a tante domande: il suo linguaggio, il suo modo di vivere genera già di per sé meraviglia».

Un materiale scenico complesso che suggerisce innovative riflessioni drammaturgiche sul dialettico rapporto tra parola e gestualità, rivendicando ai “pupi” una forte, suggestiva, misterica potenza comunicativa per il bambino, e identificativa per l’adulto, disumanizzato, alienato, sospeso in un’ibrida esistenza di carne e animista inconsistenza, mosso dalla mano esterna di obblighi e doveri, così, come una qualsiasi marionetta.

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