BarattoCult: Intervista a Thomas Bertuccioli

23 Febbraio 2024

Thomas Bertuccioli, ricercatore e musicista, è da molti anni impegnato nello scovare e portare a galla le musiche e le danza folkloristiche. Durante il BarattoCult ha fatto da educatore artistico ai ragazzi, insegnando loro alcune danze e canti tradizionali del luogo. In questa occasione, nello storico contesto del Palazzo Ubaldini, noi di Banquo Magazine abbiamo avuto modo di intervistarlo per parlare delle sue esperienze, di culture locali e di quello che vuole lasciare a questi giovani.

Tra tutti i suoi viaggi in giro per il mondo e per l’Europa qual è l’esperienza vissuta che sta cercando di riportare ai ragazzi di questa residenza?

L’esperienza che porto ai ragazzi è quella più importante, che ho vissuto anch’io, ovvero la conoscenza degli anziani che suonavano e danzavano, quelli che noi chiamiamo testimoni della civiltà contadina o agropastorale, di un mondo che è scomparso, di cui loro sono gli unici testimoni. Io lo definisco sempre un sole al tramonto: l’unica cosa che ci rimane è osservarlo perché non potrà più risorgere. Ci sono un sacco di elementi importanti di quel mondo lì che ho conosciuto nel corso del tempo in cui ho frequentato queste persone, ormai è da una quindicina d’anni che cerco di recuperare le danze, i suoni, le musiche e le modalità della festa di una volta, della veglia di una volta. Oltre a ciò, mi sono anche interessato al loro modo di vivere, al loro passato, perché ci sono state cose che a un certo punto, con la civiltà industriale, sono state buttate, tanti fattori di valore che ancora oggi per me sono importanti, nonostante la società sia completamente diversa e trasformata rispetto a quella in cui hanno vissuto tali anziani. Questa gente ha vissuto in contatto con la natura e con dei riti arcaici, che ora non viviamo più e io, in parte, ho potuto conoscerli grazie a loro e sto cercando di riportarli in vita in modalità diverse, anche per mettere in contatto con le tradizioni le giovani generazioni e cercare di trasmetterle loro, perché è come se si fosse interrotto un filo a causa della guerra, dell’industrializzazione, del consumismo, dello spostamento dalle campagne e, proprio per questo, si è interrotta la capacità di tramandare un sapere. Una volta si tramandava in maniera orale, le cose venivano raccontate, vissute e la danza veniva trasmessa direttamente così come la musica. Qui sta proprio la mia difficoltà, perché sono cose che non sono mai state fissate e l’unico modo che ho per recuperarle è andare a trovare le persone che se lo ricordano a memoria. Quindi la mia esperienza degli ultimi anni sta proprio nel cercare di recuperare queste strutture arcaiche, perché secondo me hanno un valore molto importante per il territorio, perché sono danze e musiche legate al paese e alla sua storia.

Tra le musiche e le danze folkloristiche europee, ce n’è una in particolare che cerca di trasmettere a questi ragazzi?

Io ho cercato di trasmettere proprio le danze di questo territorio, della zona di Apecchio. Negli ultimi anni sono stato parecchie volte in questo borgo, ho conosciuto alcuni degli anziani ballerini e anche suonatori, come “Il Greco”, che purtroppo ho conosciuto per poco e mi è dispiaciuto tantissimo perché era una grande persona, oltre che un bravo musicista; però ho cercato comunque di recuperare la sua tradizione e in seguito ho anche conosciuto anziani qui della zona che lo ricordavano. Ai ragazzi ho insegnato la friulana e come si ballava, la manfrina e poi un altro ballo che è più un gioco, che non è proprio di questa zona. Ho lavorato su questi elementi qui, cercando di trasmetterne più che altro il loro senso. Inoltre abbiamo poi operato sul canto: anche in tale ambito c’è tanto da imparare da queste persone, perché costoro cantavano da un campo all’altro, soprattutto mentre lavoravano, e quindi erano obbligati a impostare il diaframma e a propagare la voce lontano, e queste sono tutte caratteristiche che devono far parte di un bravo attore e di un bravo danzatore. Dunque, ci siamo dedicati a questi aspetti e il mio contributo è andato in questa direzione anche a livello musicale, dato che sono l’unico musicista di tutto il gruppo mi hanno assegnato questo ruolo. Sono molto contento perché io ho iniziato con il teatro e quindi ora mi sono trovato a casa.

Tra le tante danze ce n’è una che preferisce e che magari sente più vicina?

Per me è la friulana, quella più arcaica, che aveva un significato propiziatorio perché era una danza del nostro territorio che veniva usata per aiutare la natura a rigenerarsi, come succedeva in passato. Quindi nel periodo di Carnevale, che era l’unico periodo in cui si ballava, in quasi tutte le zone si danzava con un fiasco di vino al centro e le donne ci passavano sopra e da lì iniziava tutta una pantomima, anche con allusioni erotiche, che naturalmente provocava tanta allegria. Era il modo per rigenerare sia i sensi della comunità sia quelli di tutta la natura, perché essa aveva bisogno di essere aiutata in certi momenti critici come quello dell’inverno. Perché – sapete – la cultura precedente, quella agropastorale, era immersa in dei cicli legati alla natura: essa nasceva, fioriva e moriva e di nuovo così. Quindi nel periodo invernale, in cui moriva, c’era bisogno di riti e della danza per far rigenerare la natura. La danza e l’allegria che essa suscitava erano molto importanti perché mettevano in moto tutti i sensi e permettevano alle forze della comunità di rigenerarsi. Ho potuto scoprire, così, quanto il ballo fosse importante e come fosse molto di più di un semplice divertimento. La friulana è quindi quella che mi piace di più, sia perché è una struttura antica che poi ha dato vita alle altre forme di danza, si perché esprime dei modi proprio arcaici di vivere il corpo e di costruire relazioni sociali e, inoltre, è la danza in qualche modo originaria del nostro territorio.

Pensa che questa possa essere un’iniziativa che porterà i ragazzi ad appassionarsi alle vecchie tradizioni e a cercare di riportarle in vita?

Sì sì, sono tutti già appassionati e penso che alle prossime feste che organizzerò verranno. Sono stati molto bravi perché comunque il tempo a disposizione era poco e anche le ore di sonno. Sono danze molto ardue che impegnano tutto il corpo, quindi li ho messi alla prova però ha fatto loro bene come allenamento, gli è servito molto. Poi si sono appassionati, sono dei ragazzi molto in gamba. Questo è un lavoro da fare più spesso un po’ con tutti i giovani perché sono cose molto belle sia per loro che per noi.

Ph. Studio Fotografico Minciotti

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