BarattoCult: Intervista a Romina Tassinari

23 Febbraio 2024

Romina Tassinari, artista italo-argentina, è l’educatrice che si è occupata di arti visive nel BarattoCult Festival di quest’anno, nel quale ha portato il suo modo di lavorare segnato da una forte influenza sudamericana. Nel contesto del Palazzo Ubaldini, mentre gli allievi dipingevano, ci ha concesso un’intervista che ha approfondito le sue esperienze con l’arte e la sua collaborazione con il festival.

Ph. Studio Fotografico Minciotti

Sappiamo che lei ha origini argentine, pertanto, vorremmo chiederle qual è la differenza tra l’arte visiva argentina e italiana?

Più che una differenza tra l’arte, quella che io porto qua, è una differenza nel modo di fare. Lavoro molto spesso con materiale di recupero perché quando vogliamo fare delle cose e chiediamo del materiale spesso in Italia ci sentiamo dire che per la cultura e per l’arte le risorse non ci sono. In Argentina abbiamo una situazione molto più critica a livello economico e sociale, se la paragoniamo con l’Italia, però comunque questo per noi non è un motivo per fermarci dal fare, poiché abbiamo una consapevolezza molto più forte sul tema e se facciamo comunità, collaborazione e cooperazione riusciamo a creare lo stesso. Ovviamente sempre denunciando che la mancanza c’è. Per cui quello che io porto qui è la modalità di lavoro e questo modo di pensare che fa dire: “okay, prima che ci dicano che le risorse non ci sono, cerchiamo di fare con quello che abbiamo e che produciamo”, che è tantissimo soprattutto nel continente europeo, il quale è segnato dal consumismo. Quest’anno, per il festival, abbiamo deciso di lavorare con il cartone perché stiamo creando delle maschere; le maschere sono un elemento molto caratteristico del carnevale e si riescono a fare con il cartone utilizzando la tecnica della carta pesta e del recupero di diversi materiali per decorare. A tutto il materiale che a volte è abbandonato nelle case, noi diamo un altro uso, un altro destino poetico dentro l’arte, affinché vada a finire all’interno della maschera: ci può essere un bottone, ad esempio, o un nastro, o qualsiasi altra cosa che è rimasta lì per nulla, sono quindi cose che non andranno a finire nella spazzatura o nelle discariche. La tecnica della carta pesta l’abbiamo usata anche in altre decorazioni, utilizzando maggiormente carta recuperata, come quella dei sacchetti delle verdure. Inoltre, molte decorazioni sono state fatte con la pittura, lavorando con le improvvisazioni delle ragazze e dei ragazzi che sono qui e poi con del materiale decorativo quasi sempre recuperato, praticamente nulla di quello che stiamo utilizzando è stato comprato, ad eccezione della colla. Così stiamo facendo le nostre magie creative e artistiche.

Com’è nata la sua passione per l’arte?

Io credo che mi accompagni da quando sono nata.

C’è un artista che preferisce o ama in particolare?

Ce ne sono molti, però uno che mi piace tantissimo è l’artista argentino Leónidas Gambartes, della provincia di Santa Fe, nella città di Rosario. Era quasi miope, faceva delle opere enormi pezzettino per pezzettino. Quindi lui non ha mai visto le sue opere complete. Utilizzava tecniche interessanti e narrava sempre storie del popolo.

Com’è nata la collaborazione con il Teatro Le Ombre?

Io già da prima ho lavorato con il Teatro Le Ombre dove curavo l’aspetto più scenografico e poi è arrivato l’invito a partecipare al Festival, facendo un po’ lo stesso, ovvero l’accompagnamento di un’azione teatrale dal punto di vista scenografico. Tutte le arti sono sorelle no? Dialogano tra di loro, quindi è un po’ cercare quella sinergia e vedere come si riesce a collaborare. È molto bello perché questo ci mette in dialogo (con noi stessi) costantemente, anche di fronte alle cose che dobbiamo cambiare strada facendo, come tutto d’altronde. Però farlo attraverso l’arte è un modo di imparare a essere flessibili, sappiamo che se la cosa non si risolve in un modo si risolve nell’altro.

Quant’è importante l’interscambio culturale con i ragazzi e cosa spera di lasciare loro?

Secondo me l’interscambio culturale è importante non solo per i ragazzi e le ragazze, dovrebbe essere intergenerazionale perché dobbiamo recuperare la nostra cultura, la cultura della specie umana, dobbiamo riprendere il linguaggio artistico come linguaggio di tutte le persone, non è un linguaggio solo degli artisti o delle artiste ma è un linguaggio di tutto il popolo. Lo pratichiamo? Poco, fa parte di noi? Sì. La nostra vita attuale è molto puntata sulla produttività, sul lavoro e non ci lascia spazio per queste cose. Molte persone credono di non sapere quando in realtà basterebbe avere degli stimoli. E creare spazi di comunicazione, di interscambio, tra le persone attraverso l’arte ci aiuta anche a creare comunità.

Ph. Studio Fotografico Minciotti

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