La scrittura come cura

18 Maggio 2022

Donatella Di Pietroantonio nei suoi romanzi racconta di amori andati storti, affetti perduti, madri lontane e ritorni che portano scompiglio.
Scrittrice conosciuta in tutto il mondo, grazie al romanzo, L’Arminuta, tradotto in ventisette paesi, e vincitore del Premio Campiello nel 2017, da poco è diventato un film per la regia di Giuseppe Bonito.
Nella lunga lista dei successi di questo romanzo si è da poco aggiunto il David di Donatello per la migliore sceneggiatura vinto da Donatella Di Pietroantonio insieme alla sceneggiatrice, Monica Zapelli.

Leggere i romanzi di Donatella Di Pietroantonio assomiglia a una seduta dal dentista, possono far male, ma la promessa di un sollievo catartico non viene mai delusa.

Come è stato lavorare alla sceneggiatura de L’Arminuta?

Per me è stato un lavoro nuovo, l’ho affrontato da principiante lavorando insieme alla sceneggiatrice, Monica Zapelli. Un’esperienza importante è stata la necessità di dover fare un’economia diversa rispetto all’estensione del romanzo e fare dei tagli. All’inizio è stato un po’ spiazzante, però poi anche bello, far passare attraverso i tagli necessari una visione diversa della storia e dei personaggi. Inoltre vedere L’Arminuta incarnata sul grande schermo è stata un’emozione grande, anche perché sono un’appassionata di cinema.

Come è stata la serata dei David di Donatello?

Una serata bella, appassionante, mi sentivo felice come una bambina, nel vedere tutti i registi, gli attori che ammiro. Anche vincere il David è stato molto bello, soprattutto perché non me l’aspettavo.

Lei è una persona che con il suo lavoro di dentista si prende cura degli altri. Anche il significato di scrivere parte da questo presupposto, prendersi cura di altre storie?

Per molto tempo, la scrittura e il mio lavoro di dentista, mi sono sembrati diversi, uno è concreto e molto scientifico altro va su un materiale totalmente diverso. La cosa che hanno in comune è proprio il prendersi cura di una storia, di un personaggio, di una persona e avere un atteggiamento chirurgico nei confronti della scrittura. I grandi maestri dell’odontoiatria dicono che è più importante togliere che aggiungere. Ho applicato questo metodo anche nella scrittura. Rinunciare al virtuosismo, mantenere un centro, usare molto le pause, la punteggiatura per tenere viva la tensione narrativa. Scrivo in sottrazione non concedo nulla al superfluo.

A quale dei suoi personaggi è più affezionata?

Usando un io narrante l’identificazione maggiore è sempre con la protagonista. In Borgo Sud, le due donne: Adriana e la narratrice della storia, sono le due metà di me. La prima, quella più vitale, più viva che si getta senza rete in tutte le situazioni e non ha paura di portare scompiglio, anzi è proprio questa la sua funzione. La seconda è quella più razionale. Due parti necessarie sia per la vita del romanzo sia per quella reale.

Un’altra caratteristica dei suoi romanzi sono i luoghi e l’Abruzzo la sua regione. Qual è la loro funzione?


Sono luoghi che mi appartengono più o meno da vicino, per me il territorio è molto importante o anche la fortuna e sfortuna di vivere in una regione che ha una grande varietà di paesaggi per cui nel giro di pochi chilometri si passa dalla montagna al mare. È sempre l’Abruzzo che porto nel mio cuore. La rappresentazione che ne faccio è il più possibile corrispondente alla complessità dei territori, non celebro i luoghi, ma racconto i loro punti di forza, ma anche i loro difetti.

Qual è il suo metodo di scrittura?

Parto da una singola idea vado avanti per tentativi e errori, cercando di trovare piano piano, un centro della narrazione. La prima scrittura è di getto, poi faccio un lavoro molto rigoroso di riscrittura e di revisione. Cerco di lasciare spazio all’eruzione spontanea del materiale narrativo e poi adotto un rigore successivo nel gestirlo.

Quali sono stati i suoi riferimenti narrativi?

Raymond Carver è stata una rivelazione. Mi ha insegnato la possibilità di fare la letteratura con personaggi che non hanno nulla di eroico, sono dei vinti, dei falliti con una sofferenza di cui possono o meno trovare l’origine e una possibile soluzione. Inoltre ammiro anche il suo stile secco, chirurgico.

Ha qualche consiglio per chi vorrebbe diventare una scrittrice o uno scrittore?

Crederci nel momento in cui si ha la certezza che si ha una forte spinta verso la scrittura. Consiglio di formarsi e di perseguire l’obiettivo con tutte forze. Leggere e fare tanto esercizio. Per i giovani oggi ci sono ottime scuole di scrittura creativa, per acquisire strumenti tecnici frequentarle può essere utile, anche se nessuna scuola può creare uno scrittore dal nulla. Si deve avere dentro la scrittura.


Progetti per il futuro?

Sono all’inizio di un’ esplorazione per un altro romanzo.


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