Dentro la frattura. Papadopoulos e Librio a Palermo

20 Novembre 2023

In questi giorni l’Haus der Kunst di Palermo presso i cantieri culturali alla Zisa sta ospitando Brechen (“rottura” in tedesco), allestimento curato dal Verein Dusseldorf di Palermo, che stabilisce un’equivalenza tra la spaccatura, intesa come atto distruttivo, e il processo artistico quale creazione del nuovo. Due momenti, destruens e costruens, intesi come inscindibili nella loro reciproca necessità.

Brechen pone in strettissima relazione un’installazione dell’artista visivo Evangelos Papadopoulos con le atmosfere sonore di Alessandro Librio. Il primo è approdato all’arte dopo gli studi ingegneristici: formatosi all’Università di Belle Arti di Münster, in Germania, intraprende dal 2011 una sostanziosa carriera artistica collezionando riconoscimenti internazionali. Sullo stesso piano Librio, sound artist che da parte sua ha collaborato con artisti del calibro di Patti Smith, Michael Moore, Wim Wenders, e partecipato a manifestazioni quali la 54° Biennale di Venezia Arte e Manifesta 12.

Nella mostra a fratturarsi sembra che sia anzitutto l’atmosfera: la site-specific di Papadopoulos, un enorme complesso di legno e cartongesso, riempie la sala in tutta la sua espansione. Si presenta come concrezione dello stesso spazio che distrugge, attraversandolo. L’intervento di Librio è un dispositivo sonoro altrettanto esteso e imprevisto: un sistema di lunghe corde metalliche tese nell’aria, sensibili all’azione del fruitore, sono state legate a un violoncello ne che funge da cassa di risonanza; ad esse si sovrappone il suono di colpi e scricchiolii. Se intanto ci siamo soffermate su una descrizione piuttosto letterale della mostra, è anzitutto per rendere conto della sua impostazione compositiva. Esito di una concertazione formale di grande respiro, l’allestimento è concepito come un solo grande oggetto unitario ed eterogeneo allo stesso tempo. Brechen si sviluppa come un enorme, duplice colpo di frusta visivo e uditivo.

Nell’azione del rompere è implicito un potenziale eversivo: rompere con le convenzioni, con il passato, con uno stato di cose indica una presa di posizione traumatica rispetto a una condizione già data. Forse non è casuale che tra le tendenze storicizzate a cui Papadopoulos si riferisce in maniera dichiarata, l’andamento vorticoso del suo intervento palermitano fa pensare in via maggioritaria a certa avanguardia russa: il raggismo di Larionov, o il costruttivismo di Tatlin – per esempio il Monumento della Terza Internazionale. Ma non è più il momento per riferirsi a questioni ideologiche: il problema della rottura è tutto nell’orizzonte di una sociologia privata. Per questo è senz’altro interessante la declinazione data da Librio al tema della mostra: i suoni da lui campionati sono quelli di un furto con scasso, registrati non senza un margine di pericolo per lo stesso performer.

È proprio l’operazione di Librio, comprensiva anche di una performance e di altri interventi installativi, a imprimere un necessario sguardo su cosa ormai possa essere “rottura”. La straordinaria installazione di Papadopoulos è di assoluto ed eccellente impatto formale, ma degli orientamenti costruttivistici di avanguardia accoglie soltanto le implicazioni estetiche. Se si parla di rottura è bene invece non perdere di vista cosa adesso possa significare il termine: l’eversione autoconclusa, il canale di sfogo di una rabbia sociale vissuta come individuale. Fortunatamente, l’incontro/scontro tra i due interventi, in Brechen, riesce a rendere conto anche di questo. Doveva farlo.

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