Parole, voci, silenzi, musica e luci. Uno spettacolo multi-linguaggio e sperimentale, per tentare di entrare nei meandri di un personaggio geniale – già quando era in vita – ed elevato ad ancor più alto livello a seguito di una scomparsa su cui, ancora oggi, aleggiano evidenti e ingrombranti ombre. Pier Paolo Pasolini, nome e protagonista delle “Scopate Sentimentali, Esercizi di sparizione” che un altro genio, Filippo Timi, ha portato in scena sul palco del Circolo Angelo Mai, a Roma, dal 9 al 12 novembre. Testo scritto dallo stesso Timi, che nel suo percorso persevera in una cifra stilistica personale e caratterizzata. E per fortuna, aggiungiamo, perchè l’interpretazione che arriva al pubblico è cruda e penetrante, pendolo oscillante tra tonalità acute e profonde, alternarsi di maschere e suoni gutturali. Tutto intorno, sonorità diffuse, installazioni video, decine e decine di stimoli. Come dall’interno di un’impenetrabile foresta tropicale, lussuriosa, pulsante. L’handpan e una campana tibetana a intonare la poetica di uno show immersivo e rotondo nella sua ricchezza.
Timi affiancato per l’occasione da due totem, l’esplosivo Rodrigo D’Erasmo che ha fornito in 70 minuti un saggio di un’abilità, come arrangiatore, compositore e polistrumentista ai massimi livelli. Violino, percussioni, chitarra elettrica da far venire i brividi. Quelli veri.
Sull’altro lato della scena, l’alter ego elettronico Mario Conte a diffondere campionamenti sperimentali, complementari alle immagini del cinema pasoliniano che fu e di atmosfere da revival anni Sessanta che oggi sono un appiglio saldissimo rispetto a un vuoto culturale da cui anche grazie a un progetto di tal portata si vuol uscire. La bellezza è ancora per la salvezza del mondo, da sempre e fino a quello che sarà, se sarà, il crepuscolo dei tempi. Non è un caso l’allestimento a mò di museo delle scenografie, con richiami rinascimentali e neoclassici, progetto grafico a firma di Pazzi Design Studio.
Gli “Esercizi di sparizione” sono nel loro svolgimento un racconto in 4 quadri-stagioni – Primavera, Estate, Autunno, Inferno – partendo da quella telefonata che il 2 novembre 1975 interruppe e per sempre il viaggio sulla Terra di Pasolini. Fine vita per la persona e per l’artista, due lati di una stessa megaglia che la retorica e la morale, quella dei critici dei salotti – recita Timi – non ha saputo separare.
«Tu sei un poeta divorato dalle Amazzoni, attaccato dalle Erinni, il fulmine di Zeus si è scagliato su di te». La persona compie delle scelte, che sono private e come tali vanno rispettate, non commentate. Recitano, in tal direzione, anche le note di introduzione allo spettacolo: “Il Pasolini poteva scegliere di essere altro da sé? No. Il Pasolini ha deciso di assecondare il suo daimon, ricevuto in dote nell’Iperuranio e destinato a sfracellarsi nell’idroscalo di Ostia.”
Il daimon è per tutti quell’insieme di vocazione, carattere e irripetibilità. Quello di Pasolini si è affermato in vita, ma, soprattutto, è arrivato dopo la sua ascesa tra le Anime. E tutt’oggi vive una fase di approfondimento e cristallizzazione. E’ questo, il portato più straordinario della sua poetica, del suo stile di vita.
Tutti in piedi all’Angelo Mai. Dieci minuti di applausi.