Per un alfabeto mediterraneo. Nuove Trame ad Agrigento  

22 Febbraio 2024

Dopo anni di abbandono, riapre la suggestiva sede delle Fabbriche chiaramontane di Agrigento. A prendersi cura della sua gestione è la Fondazione Orestiadi, che a dicembre ha qui inaugurato una mostra con l’idea di realizzare un polo culturale multidisciplinare stabile nel cuore del centro storico della città, in collaborazione con il Parco archeologico e Paesaggistico della Valle dei Tempi, l’amministrazione comunale e con altre istituzioni cittadine. Le attività si svolgeranno in continuità con la cifra estetica della Fondazione, attenta alle espressioni del contemporaneo, con un focus sul Mediterraneo. La temporanea si intitola significativamente Trame mediterranee, e si presenta come uno spazio off dell’omonimo Museo di Gibellina, diretto da Enzo Fiammetta. 

 Un’istituzione legata all’attività di Ludovico Corrao, parlamentare che accolse e promosse le istanze di rinnovamento successivo al terremoto del Belìce – raccogliendole in un progetto che oggi appare piuttosto controverso. Comunque sia, la presenza delle Orestiadi ad Agrigento è un fatto senz’altro positivo e necessario, perché colma una decennale lacuna legata all’assenza di ricerche artistiche più aggiornate. 

Trame riunisce manufatti differenti per media e contenuto, accostati secondo un criterio che metta in evidenza le continuità stilistiche di pattern, tecniche e approcci differenti. Sono presenti i grandi nomi della ricostruzione di Gibellina: le ceramiche Carla Accardi, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro, invase da un apparato segnico esemplare delle poetiche formali di ciascuno, sono riconducibili a Nuove Ceramiche, la realtà artigianale nata nel 1982. Ma anche gli sguardi più significativi della Sicilia contemporanea: Alfonso Leto, con il suo Muezzin associa il cammeo di una rosa a una kūfiyya; Un Pop Up Algerino, di Francesco Impellizzeri parlano di un’ibridazione culturale che si sporge a vedere cosa avviene dall’altra parte del mare. In mezzo, può consumarsi la tragedia; HTTP 502 di Mustafah Sabbagh racconta anzitutto di un errore, di uno stress della comunicazione che, in un duplice intervento video-artistico, si presenta come condizione statica e mutevole. 

Nella direzione dell’ibrido linguistico è Biblioteca Siculo-Araba, installazione dello Stalker e Antonio De Luca risalente a un progetto internazionale del 2002. Su schermi sottili come una filigrana digitale appaiono scritte multilinguistiche legata alla geografia descritta dallo storico siciliano Michele Amari (1880). L’opera ha già fatto tappa nelle maggiori capitali del mondo arabo: è bello che ad Agrigento, nel cuore del Mediterraneo, l’arte possa essere espressione di una lucida, imparziale visione del mondo, dell’umanità, dell’incontro. 

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