Se l’8 marzo non è solo una festa ma una “giornata internazionale” di riflessione e memoria, allora le mimose che oggi invaderanno case e luoghi di lavoro potrebbero accompagnarsi a qualcos’altro. Alla lettura di un libro, ad esempio. “Cara Giulia” di Gino Cecchettin è uscito il 6 marzo per Rizzoli ed è stato scritto con Marco Franzoso. È una lunga lettera alla figlia, brutalmente uccisa dall’ex compagno lo scorso 11 novembre, ma anche a se stesso e a tutti i padri del mondo. Perché la spinta a rovesciare un sistema millenario di discriminazione passa inevitabilmente attraverso una presa di coscienza del genere maschile.
Gino Cecchettin con i suoi occhi distrutti eppure fermi e tenaci ha assunto su di sé il ruolo di agente del cambiamento, e lo ha fatto con la purezza delle parole precise e con la statura morale dei giganti.
Ha ammesso di aver aperto gli occhi grazie a sua figlia Giulia su un sistema di prevaricazione che è subdolo perché capace di perpetrarsi nelle piccole cose, nelle quotidianità apparentemente neutre di tante famiglie.
Ammettere delle colpe, nel momento del lutto più straziante per un essere umano, è il grande passaggio rivoluzionario di questo volume. Gino Cecchettin non si è chiuso nella disperazione, e a qualcuno questo non è andato giù, ma ha deciso di riflettere e di farlo a voce alta.
Il libro è un diario di quei giorni tremendi e ci offre lo struggimento della perdita, ma poi si dilata e tende all’universale, si eleva dalla mera cronaca con parole e pensieri profondissimi rivolti ai giovani ragazzi e a tutti gli uomini di questo nuovo scorcio di secolo.
Non c’è rabbia, tra le righe di “Cara Giulia”. E non c’è mai il nome dell’assassino. Perché la missione di Gino Cecchettin è altra: non accusare ma far risuonare nelle coscienze la possibilità di un modo diverso di amare e di rapportarsi agli altri.
Ecco perché andrebbe letto e diffuso ovunque, dalle scuole ai mercati, dagli uffici pubblici alle aziende. “Cara Giulia” ha in sé il silenzio sconvolgente di una stanza vuota per sempre e il tintinnio di migliaia di mazzi di chiavi a risuonare nelle piazze.
Ha dentro lo sguardo dolce e il sorriso di una ragazza comune che tanto stride con l’efferatezza della violenza e del possesso. In questa dissonanza sta il simbolo di una lotta da vincere con il dialogo e le parole.
Ascoltiamole perché diventino assordanti.