Il regno del pianeta delle scimmie: la recensione

8 Maggio 2024

Quant’è bella la trilogia reboot de Il pianeta delle scimmie e quant’è incredibile il personaggio di Cesare interpretato da un Andy Serkis in stato di grazia. La trilogia iniziata nel 2011 con Rupert Wyatt e finita nel 2017 con Matt Reeves rappresenta senz’altro il blockbuster perfetto dal momento che unisce l’intrattenimento con lo sfondo politico richiamando perciò la saga nel 1968. A sette anni di distanza dal precedente film ecco che ne esce un altro dal titolo Il regno del pianeta delle scimmie, che si pone come sequel della trilogia reboot dando il via a una nuova trilogia.

Molte generazioni dopo la morte di Cesare, le scimmie sono ancora la specie dominante mentre la razza umana continua a vivere nell’ombra. Il giovane scimpanzé Noa (Owen Teague), che abita nella foresta con la sua famiglia e la sua tribù, specializzata nell’addestramento delle aquile, non conosce la storia dell’ormai divino Cesare. Dopo un improvviso attacco da parte di un clan guidato da Proximus Caesar (Kevin Durand), una scimmia di Bili che ha distorto gli insegnamenti di Cesare, i membri della tribù di Noa vengono ridotti in schiavitù. Per provare a salvare il suo clan Noa unisce le forze con il saggio Raka (Peter Makon), un orango che lo istruisce secondo i precetti di Cesare, e Mae (Freya Allan), una ragazza umana che rispetto a tanti suoi simili non ha perso l’intelletto.

“Il regno del pianeta delle scimmie”: una scena del film

Diciamolo subito, Il regno del pianeta delle scimmie non parte col botto come il film del 2011 perché Noa non è Cesare, la sceneggiatura di Josh Friedman è qualitativamente inferiore rispetto a quella di Rick Jaffa e Amanda Silver, e Mae è molto più scialba di Will, così come Freya Allan è molto più scialba di James Franco. Tuttavia, Il regno del pianeta delle scimmie dimostra che tale saga ha ancora qualcosa da dire e probabilmente ce lo dirà più forte nei sequel prossimamente in sala. Le basi sono interessanti poiché richiamano le stesse già viste in precedenza aggiungendo un discorso sull’estremismo religioso che riflette il periodo storico che stiamo vivendo attualmente.

Lo stesso Noa è ancora un po’ acerbo, ma non anonimo, difatti c’è la sensazione che ci riserverà delle sorprese in futuro. Si nota poi tutto l’amore che il regista Wes Ball (regista anche della saga di Maze Runner) ha nei confronti di questo franchise attraverso alcuni riferimenti scenografici e tematici ai precedenti film, rendendo comunque il suo capitolo tra i più avventurosi della saga. L’atmosfera suggestiva e le scimmie – ancor più evolute – realizzate perfettamente in CGI dominano questo film che, nonostante l’eccessiva durata (sperando che sia un beneficio per i prossimi capitoli), riesce comunque a intrattenere.

Il regno del pianeta delle scimmie è quindi un film che ancora non affonda il colpo, ma probabilmente, al netto dei suoi difetti, non è una cosa negativa. Se ci hanno insegnato in questi anni che “Scimmie insieme forti”, Il regno del pianeta delle scimmie ci insegna che alcune di loro hanno bisogno di prendersi i loro tempi.

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Jacky Debach

Isac Jacky Debach nasce a Roma il 30 gennaio 1994. Ha conseguito la laurea triennale in Comunicazione pubblica e d'impresa presso La Sapienza, la laurea magistrale in Cinema, televisione e produzione multimediale presso l'Università degli Studi Roma Tre (DAMS) e il diploma di Master in Critica giornalistica presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico". Ha lavorato come redattore per Cosanepensate.it, come account commerciale per la ME Production SRL e ha collaborato con Madmass.it, Metropolitan Magazine.it e Recensito. Attualmente gestisce la pagina social Cinefusi.it e lavora come social media manager. Amante del cinema, della musica, della serialità televisiva e del calcio.

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