Tu non conosci più l’amore, io non conosco più l’umanità: il nuovo singolo di Buzzy Lao come specchio sociale.

28 Marzo 2024

La natura si risveglia e ricominciano a riavvolgerci di colori: la primavera fa capolino tra le strade delle città con i suoi primi timidi caldi e le giornate che si allungano. È in questo contesto che, scorrendo tra le numerose mail, mi sono imbattuta in un nome che ha stuzzicato il mio interesse: Buzzy Lao. Secondo le logiche astratte del mio pensiero, questo pseudonimo sembra fondere l’oriente con l’inglese: “buzzy” richiama molto l’onomatopeica parola inglese che indica il brusio (buzz, appunto), mentre “lao” allo Stato di Laos nel sud est asiatico. Al di là di queste (futili) congetture, quello che percepisco all’ascolto dei brani del cantautore torinese di base a Palermo, è una forte multiculturalità (quindi le mie percezioni erano giuste?) sonora in cui convivono il blues, il soul, il funk e r’n’b: un dettaglio pressocché superfluo da enunciare, soprattutto se si ascolta il suo ultimo singolo Io che non conosco più l’amore in cui forti sono i riferimenti alla musica di Pino Daniele, Nu Genea e Santana.

Buzzy Lao – Io che non conosco più l’amore

La musica di Buzzy Lao, nome d’arte del polistrumentista Alberto Salerno, crea scenari suggestivi nella mente dell’ascoltatore grazie al suo modo di dare corpo alle parole. Io che non conosco più l’amore riesce a spiazzare e sorprendere con il cambio di ritmo nel ritornello: se il primo ascolto smarrisce, il secondo non coglie impreparati. Il tempo incalzante e a tratti tribale, sembra caricare di rabbia le parole del testo che, come scritto nel comunicato stampa, canta “i mali dell’uomo moderno: dalla depressione, al maschilismo tossico fino al voyeurismo emozionale per trovare equilibrio solamente nell’incertezza dell’amore puro”. Mi soffermo su un tema trattato nel brano da Buzzy: l’allontanamento da sé stessi. Azzardo un’affermazione sostenendo che, negli ultimi anni, questo tema sembra diventare ridondante, quasi un cliché, ma mi chiedo anche: ci siamo mai soffermati davvero a pensare al reale motivo di questo allontanamento? Guardare i telegiornali è un atto di sadomasochismo (passatemi il termine abbastanza forte), motivo per il quale tenersi informati comporta un accrescimento dell’ansia, cercando una cura (forse più un palliativo) in qualsiasi cosa ci circondi. Proviamo a sfuggire dall’ansia quotidiana rifugiandoci nei cupi ed infiniti meandri dei social network che se da una parte alleviare disagi, ne inculcano altri: è come se vivessimo in un costate stato di ansia. A tal proposito infatti, dichiara l’artista nel comunicato stampa che accompagna il brano: “ho voluto esprimere in modo palese il senso di smarrimento e frustrazione della nostra generazione, bloccata da un senso di impotenza e depressione accentuato da una sovrabbondanza di stimoli che ci fa quasi dubitare se ne vale la pena di provare ad essere migliori non riuscendo più a provare nulla”. Lo fa con ironia e con un ritmo che invoglia a ballare una specie di danza apotropaica, ma Buzzy Lao in questo brano ci mette difronte a questa realtà in cui dobbiamo sempre essere performarti e “sentirci migliori, migliori con chi?” (Colapesce, Totale). Davanti ad uno schermo cantiamo libertà, manifestiamo il nostro benessere: “ho trovato la mia pace interiore, lo sanno anche i mondo visione”, canta Buzzy, perché se non si fa qualcosa e lo si mostra alla pletora di spettatori social, non valiamo nulla. E nel contempo soffriamo, chi più e chi meno, di una povertà di sicurezze e di stabilità. Nel ritmo di Io che non conosco più l’amore si può nascondere anche l’incedere incerto che prova a ritrovare la sua stabilità: “ritmi e suoni globali per cantare i mali dell’uomo moderno, dalla depressione, al maschilismo tossico fino al voyeurismo emozionale trovando equilibrio nell’incertezza dell’amore puro” afferma ancora il cantante.

Su uno scenario musicalmente diverso, si muove Fra un milione di stelle, il singolo precedente, che si adatta particolarmente all’arrivo della bella stagione, con un vivace ritmo afrobeat ed un tema di chitarra che conferisce al brano un’atmosfera sognante: sin dai suoi primi accordi, sembrerà di essere su una spiaggia a riflettere sul futuro. Questa canzone rappresenta il “luogo ideale in cui potersi cercare, guardare e ritrovare nella semplicità” ed il testo infatti parla di sogni e di rinascita: è un po’ la dose di speranza che, tutti noi, rimettiamo nelle mani del futuro. Chissà cosa staremo facendo, tra milioni di stelle: per il momento cerchiamo di goderci la primavera, con i suoi timidi caldi ed i suoi tiepidi colori che tornano ad abbracciarci.

Buzzy Lao – Tra milioni di stelle

In conclusione, consiglio anche l’ascolto di un altro brano del cantante che, a mio parere, riesce ad incarnare appieno il suo duplice carattere, riflessivo e brillante quale Haya, con la collaborazione di Dargen D’Amico: un brano nostalgico, dal sapore fortemente orientale e giustamente ritmato che sa coinvolgere dai primi secondi.

Buzzy Lao feat Dargen D’Amico – Haya
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Roberta Matticola

Se fossi una parola sarei 'errare', grazie al suo duplice significato: "1. a. Andare qua e là senza direzione o meta certa [...] 2. a. Ingannarsi in un’opinione, sbagliare in ciò che si crede o si afferma." (Vocabolario on line Treccani). Ed io sono così: cammino tanto fino a consumare suole e commetto troppi errori.

Tra le poche cose certe, c'è il mio costante bisogno di scrivere di musica, in particolare di quella italiana ed emergente.
Poi rido e canto(... male).
Tanto.
E con il tono troppo alto.

"Il dj da una radio mi dice che fa bene cantare: ma chi ha mai saputo cantare?" - ColapesceDimartino: Considera.

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