di E. Metalli
Tenace e sorprendente l’impegno del Festival Stradella di Viterbo che di anno in anno ripropone repertori poco noti o sconosciuti, riscopre e ridona al pubblico pagine di uno splendore immortale attraverso l’esecuzione di artisti debuttanti o già affermati, facendosi mezzo di conservazione culturale e di ri-creazione preziosa dell’Arte anche grazie all’opera infaticabile di Andrea De Carlo e dell’Ensemble Mare Nostrum.
Il programma di quest’anno, che come sempre include ambiti musicali differenti in luoghi di una bellezza unica all’interno della provincia di Viterbo, si apre con un oratorio molto noto, già approdato al Teatro Carlo Felice di Genova nel 2021 in una collaborazione fra De Carlo, Mare Nostrum e parte del cast presente anche alla serata di apertura del Festival viterbese: S. Giovanni Battista, opera di pregio melodico e di eleganza strumentale, tutta intrisa del meglio che il Seicento ha regalato all’oratorio e al dramma per musica.
Riassumere in questa sede la vita turbolenta di Alessandro Stradella, soprannominato il “Caravaggio in musica”, sarebbe in ogni caso riduttivo. Basti ricordare che Stradella, dopo il fortunato periodo romano, fu costretto a peregrinare per diverse città (Venezia, Torino, Genova fra le altre) al fine di sfuggire alla vendetta di famiglie importanti cui aveva recato offesa. Erano altri tempi e certi errori si pagavano con il sangue, e Stradella di errori ne commise molti. Tanti da incontrare infine la morte in un agguato a Genova per mano di sicari. Non era la prima volta che gli accadeva, come riferisce Remo Giazotto, in un programma di sala dell’Accademia di Santa Cecilia datato 1950, in cui è riportato un aneddoto interessante proprio sull’oratorio dedicato al Battista: “E si disse persino che un giorno, dopo il primo ferimento, i bravi riuscirono a sorprendere Stradella in una chiesa, pronti a toglierlo di mezzo definitivamente, questa volta; ma furono impediti, nel menar la pugnalata, da una forza inspiegabile, in loro nata dalla magnificenza della musica che si stava eseguendo in quel momento. Per l’appunto era l’oratorio S. Giovan Battista.”
Eseguito a Roma, nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, il 31 marzo 1675, nell’ambito di una programmazione più ampia di 14 oratori, composti all’uopo dalle scelte schiere dei compositori che all’epoca frequentavano i palazzi nobili romani, il S. Giovanni Battista è un oratorio in due parti che non ha nulla da invidiare al più fastoso genere operistico, sia in termini di masse e sonorità orchestrali sia, nell’allestimento, per l’impiego di solisti di rango nei ruoli principali. Nonostante l’esile trama – la funzione dell’oratorio doveva essere più morale che ludica – e la scarna sostanza dei personaggi, Stradella riesce a dare vita a una composizione di sincera bellezza, trovando la giusta misura nella creazione del momento drammatico tanto nell’accompagnamento strumentale quanto nella inventiva melodica.
Andrea De Carlo, che di Stradella e della musica del Seicento è attento esecutore, mette in campo una girandola virtuosa di dinamiche, moltiplicando gli strumenti a disposizione attraverso una sonorità attenta al pathos drammatico, scandendo con chiarezza gli episodi delicati di sospensione e quelli invece accesi e vibranti. Con lui tutto l’Ensemble Mare Nostrum si muove, come “naviglio” che non teme “le procelle, il mar non” cura, tutto concentrato a seguire le indicazioni e a interagire, quasi giocando (to play) con la musica, in preda a uno spirito di massima serietà.
Molto ben equilibrato il cast vocale, dalla voce squillante e densa di Roberto Manuel Zangari, un Consigliero di lusso, all’ottima Dorotea Szczepanska che ha eseguito con accenti vibranti la breve parte assegnata, grazie a un timbro brunito e a un fraseggio infuocato.
Molto interessanti anche le interpretazioni di Danilo Pastore e Masashi Tomosugi, rispettivamente il Santo ed Erode. Il primo ha un timbro forse troppo delicato per il ruolo, nonostante esegua la parte con piena competenza e un fraseggio attento, in qualche passo l’accompagnamento strumentale rischiava di sovrastarne l’espressività. Il secondo riesce credibilmente a dimostrare la violenza del tiranno, nelle sezioni di furore, e il dubbio dell’agire, soprattutto nei duetti con la figliastra, attraverso una vocalità matura e un’idea chiara del personaggio e della sua portata espressiva.
Eccellente, infine, Silvia Frigato il cui timbro cristallino cesella con grazia e dramma ogni singola frase della parte di Erodiade figlia, lasciando trasparire non solo lo studio e la perizia tecnica, ma anche la profonda partecipazione emotiva che è la chiave di volta di una artista completa. Le dinamiche arrivano a sfiorare il sussurro, senza mai perdere brillantezza o sonorità, i passaggi più melismatici si integrano con le sezioni piane senza soluzione di continuità e ogni parola è chiara e comprensibile.
CONCERTO DI APERTURA
Sabato 31 agosto 20:30 Viterbo, Chiesa di S. M. Nuova
SAN GIOVANNI BATTISTA
Oratorio di Alessandro Stradella
ENSEMBLE MARE NOSTRUM
SILVIA FRIGATO soprano, Erodiade la figlia
DOROTA SZCZEPAŃSKA soprano, Erodiade la Madre
DANILO PASTORE controtenore, S. G. Battista
ROBERTO MANUEL ZANGARI tenore, Consigliero
MASASHI TOMOSUGI basso, Erode
ANDREA DE CARLO direzione