“Marinella”, un tuffo nella Napoli selvatica degli anni ’80

16 Aprile 2023

Un salto indietro alla Napoli degli anni ’80. Alla delinquenza tra i vicoli, al precario quotidiano, ad una giustizia che arriva sempre dopo. In affanno e sulla linea del compromesso. Una città – il capoluogo partenopeo – incuneata nell’arte dell’arrangiarsi. Aggrovigliata in situazioni, conosciute o nascoste, e poi le gerarchie tra uomini e tra uomini e donne, le insidie delle malefatte e il patto con il Diavolo, che ha il volto della Camorra.

“Marinella”, proposto sul palco del Teatro Lo Spazio, Roma, dal 5 all’8 aprile, è uno spettacolo che non fa sconti. Spiattella in faccia allo spettatore il vivere quotidiano di un gruppo di ragazzi, giovanissimi divenuti presto adulti e formati dalla cruda legge della strada. Interpreti che, su intenzione dichiarata dell’autore Salvatore Riggi, richiamano diversi personaggi poetizzati dalle canzoni di Fabrizio De Andrè. La scena vede muoversi, in un continuo rimbalzo tra i due palchi de Lo Spazio, gli attori Bruno Ricci, Roberta Di Somma, Cristian Pagliucchi,  Luca Carbone e Mariano Viggiano. Caratteristi intensi e diretti, che riescono nell’intento di abbattere la consueta barriera con il pubblico. In ciò supportati dalle luci di scena che disegnano fasci geometrici. Nei contrasti chiaro-scuro si determinano effetti simili alla fotografia nel cinema. E ci sono anche i riferimenti al grande schermo, con un videoregistrato proiettato a intermittenza sullo sfondo a rappresentare un secondo piano narrativo, ambientato nella realtà del 2021 – la confessione di un pentito – da cui prende spunto la drammaturgia.

La ricostruzione, dei fatti avvenuti nel 1984, ha i toni del racconto neorealista, sospeso tra commedia e una regia, firmata da Pagliucchi, che esalta i toni cupi e freddi del mistero, della menzogna. Atmosfere torbide bilanciate dai colori caldi e vividi delle istantanee panoramiche che tratteggiano, alle spalle degli attori, gli scorci del Golfo. Il racconto dunque si sviluppa intrecciando più linguaggi, più sorgenti di stimoli. Ma lasciando la posizione principe all’arte della recitazione, che esplode con il suo enorme potenziale espressivo.
Operazione riuscita. Ricordando Faber.

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