di Emiliano Metalli
Arturo Cirillo in scena con Cyrano al Teatro Ambra Jovinelli fino al 28 aprile.
Cyrano de Bergerac è una celebre pièce del 1897 scritta da Edmond Rostand per l’attore e committente Benoît-Constant Coquelin e ispirata alla figura storica di Savinien Cyrano de Bergerac, uno dei più estrosi scrittori del seicento francese, precursore della letteratura fantascientifica.
Nonostante la relativa modernità di questo testo, il protagonista è divenuto un’icona popolare, attraversando forme artistiche distanti fra loro: dall’opera lirica al cinema, dalla commedia musicale alla canzone fino alla recente pubblicazione del fumetto inedito di Stelio Fenzo.
Portare in scena Cyrano, dunque, non è soltanto dare vita (nuova) a un copione, ma confrontarsi con una tradizione culturale che ne ha impiegato la figura eccellente e rivoluzionaria di spadaccino e pensatore, reso infelice da una difformità fisica. Tema quanto mai attuale, se si pensa a quanto la body positivity e l’attivismo in generale sta facendo per affermare il diritto di ogni persona ad essere (felicemente) se stessa.
Arturo Cirillo – da artista colto, raffinato e istrionico qual è – coglie l’opportunità di confrontarsi con Cyrano come figura principale, ma trasversale, a cui associare altre suggestioni – teatrali, poetiche, fiabesche – che portano lo spettatore dalla terra alla luna, non solo metaforicamente. Sarebbe semplicistico ricondurre lo spettacolo al solo genere di teatro-canzone, solo perché i personaggi cantano alcuni brani che, in qualche modo, raccontano o illuminano le differenti situazioni. Una canzone da cabaret, da avanspettacolo, spesso da macchietta nella migliore tradizione del teatro novecentesco, partenopeo in particolare.
Certo, però, questo genere è soltanto una delle contaminazioni che Cirillo sceglie di inserire nella vicenda, gestita con libertà di spazi e tempi (non potrebbe essere altrimenti per un “dramma storico” di questa tipologia), anche grazie all’impianto scenografico circolare – altro riferimento alla luna e al moto dei pianeti, ma anche alla circolarità delle vicende umane – efficacemente mutevole di Dario Gessati. Una scena che si adatta all’idea registica quasi da avanspettacolo, scoperta finzione d’attore, ma che colpisce poi ancora più forte quando il dramma si fa carne e sangue: al momento della morte di Cristiano e dello stesso Cyrano.
L’elemento di “gioco” e di citazione è evidente anche negli splendidi costumi di Gianluca Falaschi, colorati, sfolgoranti, volutamente estrosi e, dunque, antistoricistici, che ricordano un po’ il Fellini di Ginger e Fred e un po’ il Pinocchio di Comencini.
Ed è Pinocchio, proprio, l’altra sotterranea e struggente intersezione nella vicenda di Cyrano. Una commistione che favorisce la sovrapposizione di funzioni drammaturgiche senza forzature, dove a spiccare è l’immagine indimenticabile della Fata Turchina-Rossana. Perché, in fondo, l’amore di Cyrano è un motore tenero e per nulla erotico, che serve piuttosto a mettere in luce le complessità dei rapporti umani e la fermezza d’animo del protagonista nel mantenersi fedele al sogno, all’illusione. Proprio come in una favola.
In questo panorama complesso eppure immediato, semplice e nello stesso tempo stratificato, si muovono gli interpreti che – fatta eccezione per Cirillo – incarnano più di un personaggio, mutando voci, attitudini e costumi. Lo fanno scopertamente, proprio come i cambi d’abito o di scena a vista, perché non c’è illusione maggiore di quella creata da corpi e parole. Il resto – come pure le suggestive luci di Paolo Manti o le musiche di Federico Odling – contribuisce, ma non è certo l’unica lente per questo incantesimo. Sono gli interpreti il centro di tutto, privi di reti di protezione, saltano da una scena all’altra con tempismo, destrezza, profondità d’animo e di interpretazione, danzano, cantano, combattono tutti con grande talento.
Divertente e tragica la Rossana di Irene Ciani, leggero e tenero il Cristiano di Giacomo Vigentini, spaccone e detestabilmente sexy il De Guiche di Francesco Petruzzelli, comicissimo e davvero spassoso il Raguenau di Rosario Giglio, superba, infine, Giulia Trippetta nei panni della Governante-Lumachina e di Ligniere, solo per citare i ruoli più incisivi.
Su tutti brilla la stella di Arturo Cirillo-Cyrano-Pinocchio che, in luce o in ombra, è sempre presente con la sua straordinaria capacità di trasformare le parole in realtà, il suo corpo in fuoco, vento, acqua per essere di volta in volta un elemento vitale della scena. Senza sosta ci accompagna nelle vicende del protagonista strappandoci lacrime e risa, vero istrione, creatore insostituibile di illusioni.
Teatro Ambra Jovinelli
CYRANO DE BERGERAC
da Edmond Rostand
adattamento e regia Arturo Cirillo
Cyrano di Bergerac Arturo Cirillo
Rossana Irene Ciani
Cristiano Giacomo Vigentini
De Guiche Francesco Petruzzelli
Raguenau Rosario Giglio
Governante Giulia Trippetta
Ligniere Giulia Trippetta
Montfleury Rosario Giglio
Cadetto 1 Giulia Trippetta
Cadetto 2 Irene Ciani
Cappuccino Rosario Giglio
Assassini Giacomo Vigentini, Francesco Petruzzelli
Portiere Rosario Giglio
Primo Cavaliere Giacomo Vigentini
Secondo Cavaliere Francesco Petruzzelli
Distributrice Irene Ciani
Dame Irene Ciani, Giulia Trippetta, Rosario Giglio, Giacomo Vigentini
Pasticcieri Giulia Trippetta, Irene Ciani, Giacomo Vigentini, Francesco Petruzzelli
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Paolo Manti
musica originale e rielaborazioni Federico Odling
costumista collaboratrice Nika Campisi
assistente alla regia Mario Scandale
assistente alle scene Eleonora Ticca
produzione MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale
Foto di Tommaso Le Pera