In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo, “Moon Lake”, edito da Einaudi, con la traduzione di Luca Briasco, presentiamo il ritratto di un autore dallo stile unico, che sarà presente il 22 maggio al Salone del Libro di Torino.
Testo Paolo Maragoni
Joe Richard Harold Lansdale nasce a Gladewater, in Texas, il 28 ottobre 1951; è un autore di narrativa e di fumetti, di testi per la televisione e sceneggiature per il cinema.
Definisco Lansdale uno dei più semplici, realistici, irriverenti autori contemporanei, che pur spaziando tra diversi generi, dalla fantascienza all’horror, dai racconti al noir, resta comunque fedele al proprio stile: lo stile Lansdale.
Per inquadrare la sua missione narrativa bisogna conoscere lo scopo, l’obiettivo della sua produzione bibliografica.
«La letteratura non deve risolvere problemi, semmai deve segnalarli… Consciamente o no, uno scrittore coglie i segni e intuisce i tempi che verranno.»
Ecco, questo è il “perché” del grande scrittore statunitense. Tale citazione è tratta da un’intervista rilasciata da J.R. nel 2005, a ben 25 anni di distanza dalla pubblicazione del suo primo romanzo.
Quando ho incontrato la scrittura di Lansdale mi è piaciuto proprio il racconto delle cose, il loro verificarsi per una sorta di motivazione già decisa, e non artefatta. Il mondo di Lansdale è così reale che gli eventi sono conseguenti, già dettati dallo sviluppo della trama, eppure mantengono un’aura di mistero grazie all’abilità dell’autore nel miscelarli ad arte nelle tematiche dell’opera.
È questa la sua forza, quella vena che intriga, che non tradisce mai il lettore, che fonde la scrittura con le sensazioni dei suoi personaggi proiettati negli squarci di ambienti oscuri, selvaggi, sporchi, illuminati da una buia voglia di vivere. Gli stessi turbamenti di chi legge, che nuota nelle paludi quotidiane aggrappato alle spalle dei propri mostri, che sfoga le volgari rabbie e l’inaccettabile umanità, con la convinzione che l’umiltà non porti a nulla di buono.
«Il Texas è uno stato mentale.» confessa J.R., come Steinbeck nel ’62. Il premio Nobel, una sorta di Don Chisciotte in furgone, dichiarava: «Vagabondo ero, vagabondo resto. Metto giù questa roba non per istruire gli altri, ma per informare me stesso.» Cosa che suona molto simile al “cogliere i segni e intuire i tempi che verranno” dell’empatico Joe.
Lansdale deve ciò che è al luogo dove è nato e vissuto, quel ritaglio di usa che affonda le radici nelle questioni razziali, nella natura impervia, nelle strade traboccanti di violenza, cupidigia, vessazioni, ma sempre nascosto, e protetto, dietro la “stella solitaria” degli sceriffi.
Tutto delle sue opere contiene tratti di vissuto personale, per questo parliamo dello stile Lansdale. Non per le vicende narrate, quanto per le ambientazioni, i personaggi strambi e borderline, i misteri cupi, le foreste paludose, i cuori avvelenati dei protagonisti.
È tutto talmente originale che da cultore, sin da bambino, di arti marziali ha creato uno stile personale anche in questo campo, arrivando ad aprire una sua scuola: Lansdale’s Self-Defense Systems, riconosciuta a livello internazionale.
Finora, ha scritto oltre 200 racconti, più di 40 romanzi di vario genere, antologie, saggi, graphic novel, fumetti, adattamenti, pubblicazioni, miniserie televisive. Appassionato di B-Movie, i famosi film di serie B, e di letteratura pulp, non ha mai perso occasione per contaminare le proprie opere di sfumature di ogni genere.
Famoso è il ciclo di romanzi noir legati alla coppia di strampalati detective, Hap & Leonard, in cui le cicatrici letterarie, come le definisce l’autore, escono fuori in tutta la loro crudezza. Le avventure giovanili, gli ambienti popolati da flora e fauna (quasi) primordiale, gli incontri con persone poco ordinarie, il razzismo radicato e rivendicato da ogni zolla di terreno calpestato da bambino, riappaiono in tutti i libri di J.R., soprattutto in quelli di questo ciclo.
Ne viene fuori una profonda analisi della società americana, con tutte le sue contraddizioni, raccontata con la musicalità della scrittura che Lansdale dice di aver ereditato dalle note country e blues e dalla tradizione orale di narratori di storie che amava ascoltare da ragazzo. Persone che avevano imparato a leggere e scrivere leggendo la Bibbia, nella versione di re Giacomo, particolarmente musicale, di cui Joe ha rielaborato lo stile per rigurgitarlo su carta.
La particolarità, e l’abilità di Lansdale, è quella di essere riuscito a narrare il piccolo mondo del Texas orientale come se fosse il mondo ordinario, e straordinario, di tutti i suoi numerosi lettori. Questa cosa è legata, senza dubbio, alla realistica trasposizione che l’autore riesce a riportare nelle proprie opere. Le origini rurali della sua scrittura, il suo “esser nato contadino, e sentirsi contadino nell’animo”, integrano il ritratto a tutto tondo di un autore non comune.
Anche la grottesca trilogia horror del “Drive-in”, ambientata sempre in Texas, nel più grande drive-in mai esistito, l’Orbit, diviene occasione per raccontare la malvagità dell’essere umano nella sua peggior espressione. Un ciclo di romanzi, questo, che denuncia la voracità del consumismo, mostrando al tempo stesso l’attrazione che esso esercita sulle persone, nonostante le mostruose fattezze con cui Lansdale lo raffigura: il Re del Popcorn. Una narrazione delirante, molto splatter, ma inspiegabilmente realistica.
Con la scrittura, Lansdale, non fa mai piani, non cerca argomenti da trattare; racconta una storia, e se questa ha qualcosa da dire quel “qualcosa” viene fuori da solo. Anche nei racconti di fantascienza, o futuristici, alla fine ci ritroviamo sempre in Texas, magari a leggere di amicizia, di asteroidi, di uomini fortunati, ma il tutto sempre legato al mondo che conosce, e dove è vissuto.
Nel suo ultimo libro, “Moon Lake”, (2022) edito da Einaudi, tradotto in maniera eccelsa da Luca Briasco, ci tuffiamo nelle strade di una città sommersa dall’acqua con tutti i suoi abitanti mentre viviamo la realtà tra la gente e le case della cittadina texana ricostruita con lo scopo di fare soldi. Un libro tra il gotico e l’horror, ispirato da vicende reali e straordinarie, come quelle di New Orleans dopo l’uragano Katrina, e basato su storie ordinarie di despoti, succubi, eroi: sangue, amore e morte, in stile Lansdale. Non trovi un eroe nei suoi romanzi, non c’è un vincitore, né uno sconfitto, hai la sensazione di partire in un mondo ordinario già straordinario, in quanto simile alla vita. Mentre scrive, se fuori dalla sua finestra vede arrivare una tempesta, Joe la infila nel romanzo per offrire nuovi bivi narrativi al plot e ai suoi personaggi.
Concludo questo ritratto con un estratto dal suo ultimo libro, una breve frase che rappresenta tutto il realismo e lo stile di Lansdale. Il protagonista capisce le intenzioni del padre, è un momento di forte tensione, di climax, eppure lui pensa alle rate da pagare:
«Papà inserì la prima e avanzò un po’, dando una leggera spinta all’acceleratore. Fui contento all’idea che finalmente ci muovessimo da lì. – Voglio che tu sappia quanto ti voglio bene, – disse. Prima che potessi rispondere «anche io ti voglio bene», diede una forte accelerata, la macchina scattò in avanti e il ponte tremò. Girò il volante a destra e la grossa Buick, con le sue cinque rate ancora da pagare, sfondò la ringhiera marcia e si fiondò nello spazio come un razzo».