Il 13 e il 14 giugno ha avuto luogo alla libreria Zalib il festival Bolero, la danza delle parole, dove numerose importanti figure tra scrittori, pensatori e innovatori hanno avuto modo di parlare di alcuni degli argomenti più scottanti degli ultimi anni. Tra di loro anche lo scrittore Nicola Lagioia, vincitore del premio Strega nel 2014 con La Ferocia, che in tale occasione abbiamo avuto la possibilità di intervistare.
Nicola Lagioia debutta come scrittore nel 2001 con il romanzo Tre Sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) e in seguito pubblica Occidente per principianti (2004), Riportando tutto a casa (2009), La Ferocia (2014) e ancora Fine della violenza (2010), Un altro nuotatore (2012), Spaghetti cozze e vongole (2012), I miei genitori (2013), Esquilino. Tre ricognizioni (2017); l’ultimo romanzo pubblicato risale al 2020 ed è La Città dei vivi, che racconta il caso di cronaca nera riguardo l’omicidio di Luca Varani a Roma nel 2016 per mano di Marco Prato e Manuel Foffo.
Oltre alla scrittura, però, Lagioia è anche impegnato in altre attività come la conduzione radiofonica, dal 2010, di Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali trasmessa da Rai Radio 3. È tra i fondatori del blog letterario Minima et Moralia, ed è stato uno dei selezionatori della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dal 2017 al 2023 inoltre è stato il direttore del Salone Internazionale del libro di Torino.
Insomma, una figura importante nel panorama culturale italiano; in questa breve intervista abbiamo avuto modo di scoprire qualcosa di più sul suo pensiero su diversi argomenti.
Ha diretto il Salone del libro di Torino per 7 anni e ha sicuramente assistito ai cambiamenti avvenuti all’interno del mondo dell’editoria e non solo. A tal proposito dal 2020, con la pandemia e la quarantena, il social network TikTok ha preso il sopravvento tra giovani e meno giovani e si è sviluppato il fenomeno del Booktok grazie al quale una moltitudine di persone – soprattutto ragazzi più giovani – ha incominciato a leggere. È evidente che questo fenomeno in qualche modo stia influenzando e cambiando il mondo dell’editoria, lei che ne pensa?
Credo che il Booktok sia uno dei tanti fenomeni legati alla cosiddetta disintermediazione. Vale a dire, si fa a meno dei mediatori. Se si vuole metterla in modo più tradizionale, invece, possiamo forse dire che è uno dei modi con cui oggi si diffonde il passaparola. Si può pensare a Tik Tok. Oppure si può pensare a social dedicati proprio ai libri, come Goodreads, che io ogni tanto frequento perché mi diverto a vedere quali sono le reazioni allo stesso libro di lettori provenienti da tutto il mondo. Non so se questo fenomeno stia cambiando l’editoria, mi interessa di più la letteratura. E, la letteratura, quella particolarmente buona, più che venire influenzata dalla rivoluzione digitale se ne nutre, registra i cambiamenti umani legati all’arrivo della rete, agli scrittori interessa il modo in cui cambiano le emozioni e le psicologie delle persone, degli individui, dei gruppi umani. Esattamente come, nel XIX secolo, Dickens, Zola o Balzac prendevano di petto la rivoluzione industriale, e la raccontavano nei loro libri. L’effetto della disintermediazione che mi dispiace è la perdita di rilevanza della critica letteraria. Sono cresciuto in un contesto in cui la critica letteraria aveva importanza, c’erano i critici mediocri (come ci sono dei mediocri in tutti i campi) ma n’erano anche di formidabilmente intelligenti, brillanti, acuti. Vederli marginalizzati, ridotti spesso ingiustamente all’irrilevanza, sinceramente mi dispiace.
2. Interessi economici, tradimenti, debolezze, umane fragilità, crudeltà, legami familiari, verità non dette, celate, fagocitate, sete di potere, brama di successo, una morte improvvisa e malaffari, sullo sfondo di una Puglia rampante e decadente, si snodano ne “La Ferocia”, Premio Strega nel 2015. Il romanzo è stato trasposto in scena a teatro con grande successo dalla compagnia VicoQuartoMazzini. Com’è stato per lei veder le sue parole e i suoi personaggi prendere corpo? E secondo lei la potenza de “La Ferocia” in cosa risiede, visto che attrae anche a teatro?
Per me quel romanzo diventa un mistero via via che si allontana la data della sua pubblicazione. Mentre lo scrivevo ero totalmente immerso nella storia. Poi, quando è uscito, ha guadagnato subito intorno a sé gruppi di lettori che l’hanno perdutamente amato, e altri gruppi che l’hanno caldamente detestato. Poi ha vinto il premio Strega. È stato tradotto in mezzo mondo (credo siano ormai più di 20 o 25 i paesi in cui è uscito). E ora è arrivato l’adattamento teatrale di Vico Quarto Mazzini, che a me sembra splendido, ha dato alla storia dei Salvemini nuova vita, visto che fa brillare certi aspetti della storia sotto una luce un po’ diversa da quella che accende il romanzo. Sono passati dieci anni e il libro continua a venire ristampato, ha il passo del maratoneta. Il fatto che tutto questo accada intorno a un romanzo lungo, oscuro, misterioso, labirintico, ambiguo, in certi punti anche intricato (questo può essere un merito e un demerito), eccessivo (stessa cosa, bisogna capire se l’eccesso è necessario o no) è una cosa molto rara. Non succede quasi mai.
3. In un’intervista per Style Magazine in occasione del Festival della Disperazione che si tiene ad Andria, ha parlato di “disperazione”. Possiamo dire che anche ne “La città dei vivi” si legge e si percepisce la disperazione, quel sentimento che, in un modo o nell’altro, vive in Roma, nelle persone, nelle cose e nelle situazioni che accadono ogni giorno. Pensa che ci sia un modo per combatterla, per non farsi trascinare da essa in un vortice che non porta nulla di buono?
Bisogna provare a fare del bene, a prendersi cura di sé e degli altri in modo sobrio ma efficace, un’amorevole disciplina, una volontà dolce, affinare la capacità di ascolto: questo serve oggi per non farsi trascinare in quel vortice.
4. Con quale libro descriverebbe il suo stato d’animo in questo periodo?
Ci sono due classici che leggo spesso in questo periodo, perché vorrei portare ogni tanto il mio spirito all’altezza della loro sapienza: il “De rerum natura” di Lucrezio, e “Le metamorfosi” di Ovidio.
5. Quali sono i suoi progetti futuri? Cosa pensa che le riserverà la vita?
Scrivere e vivere. Spero che la vita non mi riservi troppe sorprese, statisticamente le sorprese non portano nulla di buono.