L’elettro-house della musica e dei ricordi: “House” e Jomoon a Entrature>Sonore

14 Aprile 2024

House, “casa” in inglese. Questo termine però indica anche un genere musicale appartenente all’elettronica nato nelle discoteche di Chicago e New York nella prima metà degli anni ottanta e fortemente influenzata dalla disco music e da elementi del funk dei tardi anni settanta”. (fonte Wikipedia)

È proprio sulla dualità di significati di questa parola che si incentra la trama dell’omonimo spettacolo, House appunto, andato in scena sul palco di Fonderia delle Arti di Roma lo scorso 6 aprile, in occasione della rassegna Entrature > Sonore. Il progetto raccontato dalla stessa curatrice Mariateresa Surianello in un’intervista per Banquo, si pone l’interessante obiettivo di unire generi e linguaggi diversi e approdare a forme ibride di spettacolo e di condivisione dei luoghi teatrali; in questo caso specifico la musica house e la performance teatrale.

Il protagonista di questo breve monologo è Jacopo che accompagna lo spettatore nei ricordi della sua infanzia, stimolati da brani di musica elettronica: un universo parallelo questo, in cui si rifugia per non vivere più nel disagio. Quella di Jacopo è una storia comune e universale: il suo monologo inizia nel modo più semplice possibile ovvero portandoci nella stanza di un giovane ragazzo che si aggira nella stanza urlando “Ma’! ‘Do stann’ l’ cav’zun’?!”(“Mamma! Dove sono i pantaloni?”). Basta una sola frase per immedesimarsi in quella scena (sfido chiunque a dire che non abbia chiesto a sua madre dove fosse qualcosa!) e ritrovarci nel lontano 1991 in un preciso contesto geografico ovvero una città abruzzese, che fa da sfondo alla vicenda. Il palco è spoglio e a riempirlo c’è solo un tavolo sulla cui superficie vi è posta una consolle da dj con la quale interagisce il protagonista per riprodurre musica. Cionostante la versatilità dell’attore è talmente grande da riuscire a riempire ogni spazio vuoto e, soprattutto, da riuscire a far immaginare un preciso scenario allo spettatore. E così, mentre indossa “quella tuta acetata di m***a” con un sottofondo musicale misto a funky ed elettronica, ci ritroviamo a correre insieme a Jacopo verso l’autobus per andare a scuola ed incontrare il severo maestro Nino con i suoi deprecabili punti di vista.

Manuel D’Amaro in House – foto ©Michele Tomaiuoli

Il personaggio di Jacopo è stato abilmente interpretato da Manuel D’Amario che ha poi intrattenuto gli spettatori con un dj set: parlando con l’attore, scopro che l’house è davvero la sua passione e che la forza motrice del suo spettacolo sono davvero i suoi ricordi. House è solo un esperimento, dichiara la regista del monologo Aurora Miriam Scala, ma le basi per mettere su uno spettacolo completo ci sono tutte e ci auguriamo questo avvenga presto.

All’interno di questa “casa” musicale, una degna conclusione di serata non poteva che essere affidato al liveset che ha avuto come protagonista Jomoon, compositrice indipendente romana di musica elettronica. Seppur emergente, Jomoon ha alle spalle già diversi anni di attività in Germania, dove ha forgiato il suo stile musicale, ed esibendosi in diversi festival underground sia italiani che internazionali. All’inizio della sua esibizione sembrava che lei, la musica ed il pubblico fossero tre elementi distanti, poi è nata l’alchimia; è come se si fosse instaurato un patto di fiducia tra dj e spettatori. Man mano che crescevano i beat e gli elementi dei suoi mix, tutto ha iniziato a fondersi per creare un’atmosfera fluida, leggera, eterea: in quel momento eravamo tutti in balìa di quel sound aspro e crudo ma nello stesso tempo, così avvolgente ed accogliente. Al di là della chiusura troppo brusca, la sua esibizione è stata coinvolgente e interessante; unica pecca le luci troppo irrequiete: al posto di ricreare un effetto stroboscopico, cambiavano con una velocità troppo eccessiva creando un po’ di stordimento.

Entrature>Sonore è solo all’inizio di un percorso che (mi auguro) sia il più lungo possibile e possa affermarsi nella vasta offerta culturale romana: un’iniziativa sicuramente interessante e con un concept originale che saprà incuriosire anche nei suoi ultimi due appuntamenti, in programma il 19 e 20 aprile sempre alla Fonderia delle Arti di Roma.

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Roberta Matticola

Se fossi una parola sarei 'errare', grazie al suo duplice significato: "1. a. Andare qua e là senza direzione o meta certa [...] 2. a. Ingannarsi in un’opinione, sbagliare in ciò che si crede o si afferma." (Vocabolario on line Treccani). Ed io sono così: cammino tanto fino a consumare suole e commetto troppi errori.

Tra le poche cose certe, c'è il mio costante bisogno di scrivere di musica, in particolare di quella italiana ed emergente.
Poi rido e canto(... male).
Tanto.
E con il tono troppo alto.

"Il dj da una radio mi dice che fa bene cantare: ma chi ha mai saputo cantare?" - ColapesceDimartino: Considera.

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