“Storia di un uomo magro”, il teatro si fa memoria per non dimenticare gli orrori della guerra

7 Febbraio 2023

Furono solo 2 chilogrammi, sulla bilancia, a salvare la vita a Vittorio Palmas. Un pacifico contadino catapultato improvvisamente dalle campagne sarde alle trincee di guerra e, a seguire, tradotto come prigioniero negli infernali campi di lavoro nazisti. Qui, pur arrivando a pesare solo 37kg, fu giudicato troppo poco magro per esser destinato ai forni crematori. Così la sua vita fu salva, e Vittorio si riprese il tempo perduto con gli interessi, arrivando a vivere fino a 106 anni.

Una storia incredibile, registrata e inserita dal giornalista Giacomo Mameli nel libro “La Ghianda è una ciliegia”, e intercettata dall’artista Paolo Floris, che ne ha derivato un adattamento teatrale che lui stesso da anni porta in giro per i palcoscenici e le scuole di tutt’Italia. “Storia di un uomo magro”, così si intitola il monologo prodotto da Fondamenta, lo scorso 29 gennaio ha fatto tappa a Roma, al Teatro Villa Lazzaroni. Raccogliendo fragorosi e commossi applausi dal pubblico capitolino, accorso numeroso in sala, più forte del freddo pungente, per assistere a una testimonianza preziosa sugli orrori e l’assurdità di una situazione di conflitto. Nello specifico, la Seconda guerra mondiale, che chiamò alle armi Vittorio e altre centinaia di migliaia di italiani, molti di loro mai fecero ritorno a casa.

Gli episodi raccolti da Mameli sono un tassello della memoria che va mantenuta viva e trasferita soprattutto ai giovani, i tessitori del mondo di domani. Floris, in scena, è abile a trasferire il dramma, la preoccupazione ma anche l’ingenuità di un giovane ragazzo di Sardegna, analfabeta e figlio della terra, che si ritrova sul fronte orientale, nei Balcani, a imbrecciare un fucile e a cercare rifugio nei bunker. Poi arriva il generale Pietro Badoglio, in Italia, il regime dei Fasci viene destituito, e allora Vittorio diventa improvvisamente un nemico. Viene caricato su un vagone-bestiame per un viaggio della morte di 17 ore. Di qui la prigionia forzata, pasti sempre più rarefatti e sempre meno sostanziosi, e la speranza di non ricevere dalle SS la chiamata definitiva, al forno. Sul filo del rasoio, la vita trattiene con sé Vittorio. Per soli 2 chilogrammi alla pesa.

Traspare, nella sentita e a tratti anche disincantata esposizione di Floris, il no-sense della guerra come condizione che peraltro ricade sugli ultimi, su coloro che hanno un fisico snello e svolgono normali lavori. Vittime sacrificali delle decisioni prese da dittatori, capi di Stato e generali, soggetti contraddistinti tutti (a eccezione di Hitler) da pance gonfie e rotonde.  Loro se ne stanno comodi, i miserabili invece vengono spediti al fronte. Come carne da macello.

A distanza di oltre 70 anni, lo scacchiere internazionale ci mostra che la lezione non è servita. La prevaricazione, l’odio e gli interessi economici assurgono tutt’ora a leve prevalenti rispetto alla pace globale. Che rimane una chimera.

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