Occidente e Oriente a confronto, sotto la stessa tenda. Sul palcoscenico di un teatro off.

13 Marzo 2023

Ancora ci ricordiamo di quando – correva l’edizione 2019 di Roma Europa Festival – al debutto dello spettacolo “Mario e Saleh” il protagonista, Chadli Aloui, si ribellò al personaggio, riscrivendo il finale e lasciando di stucco il pubblico presente a teatro. Saverio La Ruina, anche lui interprete della piéce e suo ideatore, prese spunto da quell’episodio per evolvere il progetto a partire da un ciclo di registrazioni vocali. Due anni di conversazioni private con Chadli allo scopo di ricostruire i motivi e i contenuti di questo corto circuito verificatosi tra la rappresentazione autoriale e l’evidenza di un rapporto delicato tra Occidente e Mondo islamico. Di comune accordo le conversazioni sono poi confluite in “Saverio e Chadli VS Mario e Saleh”, lavoro portato in scena una prima volta al Teatro Menotti di Milano, e, dal 2 al 5 marzo scorsi, anche a Roma, all’Argot Studio di Trastevere.

Prodotto dalla Compagnia Scena Verticale in collaborazione con il Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo, lo spettacolo ha confermato l’impianto registico che prese piede a Milano per rispondere all’improvvisa defezione sul palco di Chadli. E così anche all’Argot abbiamo ritrovato, come sparring partner di La Ruina, il biondo dagli occhi azzurri Alex Cendron, chiamato in un sol colpo a interpretare Chadli nei panni di Saleh. Chadli esso stesso presente in veste di testimonianza audio a intramezzare i passaggi della drammaturgia.

Sotto il tendone allestito sul palco, due uomini di cultura e fede religiosa diverse testimoniano la difficoltà a impostare una convivenza civile e pacifica tra due mondi. Due confessioni religiose, altrettanti stili di vita. Emerge, trasversale ai dialoghi, che i problemi comunicativi derivano da chiusure personali e dall’ingombro delle sovrastrutture culturali. Erette nei millenni a indirizzare e proteggere gli individui, a scapito della tolleranza, della solidarietà e dell’innata curiosità ad aprirsi verso l’altro. Vacui fondamentalismi. Il rapporto tra i due attori è sbilanciato, l’arabo è sì ortodosso ma anche mite e comprensivo, l’italiano invece non esce dal binario e si gigioneggia in schemi di interpretazione piuttosto mediocri, tra intolleranza e pregiudizio. Le rigidità, nei momenti di confronto, ergono delle barriere comunicative, gli animi sfiorano la provocazione e la tensione quasi si fa fisica.
Per non venire alle mani i due attori lanciano oggetti, ma entrambi – dietro le dure espressioni, a mò di bambini che si fanno dispetti – sono persone buone, solo incapaci o non intenzionate a capirsi. E dunque a conoscersi, quello che sarebbe il passaggio successivo. Rispettare le rispettive identità. Magari anche a riderci sopra, anche. Smussare qualche angolo dei rispettivi cuoi, come si lascia intendere nelle battute finali.

Riteniamo il progetto di La Ruina molto interessante, con un potenziale di sviluppo che vorremmo ancor più approfondito.

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