Sono eroine ed eroi. Attrezzati di tutto punto per reagire tempestivamente ai mille imprevisti, mediamente negativi, che, ogni giorno, uno solo o tutti insieme, possono impattare nel quotidiano di un comune cittadino che vive, lavora o studia a Roma.
Elasticità, pazienza, velocità, spirito di adattamento. Tanto. Nel pacchetto di sopravvivenza ci vogliono anche una voce squillante, savoir faire, dosi di cinismo e opportunismo. Ok, pronti e via, la giornata può cominciare. Veronica Milaneschi ci mette qualcosa di più, il giustizialismo spiccio della strada. Fatta di gergo scurrile e scorrettezze, parecchio vicine a quanto si assiste per le strade dell’Urbe. Che, anzi, spesso si spinge oltre.
Non a caso il monologo, scritto e interpretato da Milaneschi, si intitola “Storia d’incroci e d’anarchia”. Portato al debutto nazionale il 6 luglio al Teatro Marconi, per la direzione di Patrizio Cigliano, lo spettacolo ha raccolto sorrisi e convinti applausi dal pubblico. Accorso numeroso e chiamato direttamente in causa da Milaneschi, carismatica, istrionica, magnetica. Capace di strappare un sorriso divertito anche dal più macabro tra gli episodi narrati. In serie, uno ad uno, mischiando lingue e dialetti, vita di strada e citazioni prestigiose. Un frullatore di tutto e del suo contrario, costruito con l’abilità immaginifica che è solo dei veri professionisti. Milaneschi, con il suo fisico minuto ma nerboruto, e aiutata dal fido scooter “anarcoide” Cesare Augusto, tratteggia un profilo di donna pragmatica e in grado da sola di districarsi tra problemi e variabili impazzite. E anche di difendersi dalla prepotenza imperante, che spesso ha un volto maschile.
Allo spegnersi dei riflettori, si fa poi spazio la riflessione più complessiva. Presi dalla frenesia e dalla rincorsa contro il tempo – strumento di controllo e ispirazione delle nostre azioni – è evidente che ci perdiamo il meglio, ovvero una vita vissuta umanamente, seguendo lo scandire del ciclo giorno/notte, in una tranquilla coabitazione con gli altri sapiens. Forse il modello delle metropoli-contenitore ha fatto la sua stagione.
Di sicuro meritiamo di meglio, tutti, ma dobbiamo volerlo concretamente.