Leggerezza, sogno, svago. Ne abbiamo così tanto bisogno, in questo nuovo Medioevo sempre più nervoso e tetro. Il progetto “Charlie danza Charlot”, al debutto assoluto sul palcoscenico, da questo punto di vista fa pienamente centro, poichè ha il merito di saper sospendere il gancio con la quotidianità e di portare con sè, sul palcoscenico, il pubblico del Teatro Lo Spazio. In una dimensione colorata e baldanzosa, scanzonata e semplice nel raccontarci dei quadri di vita. A Roma fino a domenica 29 ottobre, il progetto diretto da Mario Piazza, che ha curato anche le coreografie, è un immersione a piè pari nella vita di Charlie Chaplin. Stella del firmamento cinematografico e, sourtout, massimo esponente del cinema muto.
E’ lo stesso Piazza a interpretare la pantomima di Charlot, giovane dal caratteristico baffetto che si aggira per i vicoli della città, tra lustrini e lucini, e interagisce, ma senza mai parlare, con uno stuolo di figuri. A cominciare dalla madre Hannah, resa felliniana e con la giusta dose di ironia da Mauro Toscanelli. E poi il Ballerinetto e Edna Purviance, interpretati da Gabriele Naccarato e Vanessa Nacci. Trait d’union tra i vari personaggi è l’enigmatico Mister Cinema, Ludovic Party, personaggio dalle infinite sfumature di bianco e di nero. Si snocciolano, nello svolgimento, sia note biografiche che brevi rievocazioni di alcune scene dei film di Chaplin. Le luci intorno al portone, che sembra l’ingresso di un circo o di un cabaret, abbagliano e immediatamente riavvolgono il nastro ai tempi in cui, nei caffè e nei club, la sera ci si divertiva per davvero. E, per le strade, a volte polverose altre rese lucide per la pioggia, accadeva di tutto.
“Charlie danza Charlot” è una proposta interessante anche perchè fonde, con il giusto equlibrio, i linguaggi del teatro e della danza. Il dinamismo senza sosta dei 50 minuti in scena attraversa i territori del ballo, dal classico al contemporaneo, per un riuscito equilibrio d’insieme esaltato dall’attenzione maniacale per i costumi (firmati Emanuele Zito) e per il comparto trucco. Il resto lo fanno l’espressività dei volti, il funambolismo dei corpi, la tragicommedia degli episodi.
I perfomer, dal canto loro, sono all’altezza della situazione.
Piazza aggiunge altri dettagli: “dell’opera di questo grande artista ho voluto sottolineare le note polemiche contro l’ipocrisia del sistema sociale, contro lo sfruttamento e la meccanizzazione, la satira del nazismo e del fascismo, accanto alla sua capacità di fondere, in maniera sublime, tragedia e comicità, nonché il suo struggente modo di raccontare l’amore non corrisposto“.
Il monologo finale, affidato ad Hannah, erige a sua volta un ponte diretto con la cronaca degli eventi delle ultime settimane, anno 2023. Ed è così che il teatro si fa strumento di attivismo civile, approfitta della possibilità che gli è concessa, i rilfettori e le voci da un palco, per dire la sua. Con potenza, argomenti, efficacia, sentimento.
Nel nome di un grande, da sempre e per sempre nell’Olimpo dello spettacolo: Charlie Chaplin.