“La Tenuta”, black comedy che illumina ma non fa sconti

29 Gennaio 2024

”La Tenuta”, il nuovo progetto teatrale firmato Lubox Produzioni Artistiche, é una commedia acre e amara, sui rapporti famigliari e scandita dalle porte scorrevoli delle scelte quotidiane. Battenti che si aprono e si chiudono disvelando, sul palcoscenico romano di CityLab 971, il raffinato allestimento scenico ideato da Luca Ariano e reinterpretato da Giuseppe Bellini.

Luci soffuse che via via si rischiarano, a far chiarezza sulle vicende di Giudi e Lia, il Diavolo e l’Acqua Santa, la libertà e il conformismo. Due sorelle, due scelte di campo che sono nette sin dalla nascita, l’indagine della penna e della regia di Natalia Magni a mostrare senza giudizio le conseguenze dei “io voglio essere”, dei condizionamenti socio-culturali, del destino. Un “flusso” che scorre tra inciampi e disgrazie, nel mezzo qualche soddisfazione e il passo in avanti di una dinastia famigliare, che nella maestosa, decadente tenuta dagli alti soffitti vede crescere anche il prediletto erede, figlio e nipote. Anti-eroe, goffo introverso, ma che nel momento opportuno lancia la stoccata e palesa un progetto di vita che rompe con là tossicità dei disegni ereditari. Biondo ragazzo che è altresì riconoscente rispetto al disegno riservatogli dagli astri, quella vita salvata che diventa missione di aiuto verso il prossimo.

La confusione, i pesi specifici degli interpreti e le loro fragilità sono i colori che tinteggiano questa commedia che oscilla, nei toni dei dialoghi, tra il cinico, il sarcastico e all’occorrenza quello scurrile che è termometro di un insoddisfazione generale. A tutti i personaggi manca qualcosa, sia a chi è rimasto nella zona di comfort, sia a chi invece ha preferito smarcarsi e proseguire su un binario differente. La Tenuta, così ingombrante per le dimensioni e per il clima umano che descrive nel suo perimetro, progressivamente si rinnova, si spoglia di maschere che parevano incrollabili e apre le finestre alla luce di un futuro di forte rinnovamento. Un plauso agli effetti disciplinati da Nicola De Santis.

Ora irriverenti e sfrontate, ora sole e in preda all’angoscia, le donne che si alternano in scena – Liliana Massari, Lucia Fiocco, Gilda Deianira Ciao, Romina Delmonte – rappresentano il timone dello sviluppo, che in alcuni passaggi denuncia dei cali di ritmo, del tutto risolvibili.
Le presenze maschili – Pietro Faiella, Roberto Baldassari, Mirko Lorusso, Alessandro Moser, Luca Di Capua – sono altresì marginali ma mostrano quanto anche il genere un tempo dominante (secondo gli schemi della società patriarcale) sia in realtà contraddistinto da una forte debolezza di fondo. Debolezza che può essere fisica, per l’erosione dettata dal fattore tempo, quanto psicologica: la Tenuta, nelle repliche proposte dal 9 al 21 gennaio, ha fatto conoscere al pubblico capitolino uomini tutt’altro che d’un pezzo. Niente sconti, solo pura forza gravitazionale.

L’ interpretazione, da parte di tutto il cast, è risultata intensa e coinvolgente. Forse, in termini di durata, si potrebbe asciugare qualche cambio scena, ma è un’inezia.

Attendiamo e ci auguriamo di vedere questa black comedy sui palcoscenici di altre città italiane.

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