Tra ironia e crisi creativa, un brioso “Smarrimento”

30 Gennaio 2024
SMARRIMENTO uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro per e con Lucia Mascino scene e luci Lucio Diana costumi Stefania Cempini MARCHE TEATRO “L unica gioia al mondo è cominciare.” Cesare Pavese “Smarrimento” è un dichiarato elogio degli inizi e del cominciare. Di quel momento in cui la persona, la cosa, il fatto, appare o sbuca, ci incrocia insomma, creando presenza dove prima c’era assenza. Questo topoi fiorisce attraverso la figura di una scrittrice in crisi, oramai da un po’, che ha dei personaggi iniziali di vari romanzi che non scriverà mai, perché non riesce ad andare avanti. Gli editori, per sfangare l’anticipo, le organizzano reading/conferenze in giro per l’Italia, in modo da tirar su qualche economia mentre lei non produce niente di nuovo e in un colpo solo riuscire a vendere all’uscita degli eventi, qualche copia delle vecchie opere. Quando non si riesce a continuare, non si può che ricominciare. L.C.

Andrà in scena fino al 4 febbraio “Smarrimento”, spettacolo di ritorno a Roma e in una cornice di forte entusiasmo da parte del pubblico che sta assiepando, in ogni ordine di posto, la platea del Teatro Basilica.
Un progetto interamente al femminile, con Lucia Mascino a interpretare il testo scritto da Lucia Calamaro, che del monologo cura anche la regia. Due stelle del teatro italiano contemporaneo che lasciano il segno, confermando le aspettative intorno ad un lavoro che fa della commedia e del disincanto le cifre distintive. C’è parecchio candore sul palco, nei toni scelti per l’interno domestico allestito da Lucio Diana che fanno il paio agli eleganti costumi di Stefania Cempini che accentuano i toni borghesi dell’insieme.

Lucia Mascino interpreta una scrittrice alle prese con momenti di crisi creativa che si compenetrano con la routine della gestione famigliare. Un marito, una figlia, il quotidiano che scorre. Soggetti che forse, e forse per davvero, potrebbero essere anche i personaggi chiave per superare l’empasse di una scrittrice poco ispirata e pressata, nel contempo, dalla macchina editoriale.
Riuscito l’incipit da cabaret con gli spettatori, che interagiscono e apprezzano. Geniale anche la trovata registica del grembiule che una volta indossato trasforma la protagonista in un protagonista (uomo).
La drammaturgia convince, il cinismo e il sarcasmo di fondo si esprimono nella voce e nei movimenti di Mascino in maniera leggera e piuttosto divertente.

Si sfiorano diversi temi-clichè, la relazione uomo-donna, donna-figlia, donna-carriera. Sullo sfondo, la necessità di voler riempire il tempo che implacabile trascorre. Che poi è solo una “necessità” del sistema che in Occidente ci siamo costruiti, con le nostre stesse mani. La soluzione forse sta semplicemente nel guardare oltre, nel lasciare andare gli eventi.
E così, i 50 minuti di spettacolo – la produzione è a firma di Marche Teatro – si chiudono come erano iniziati, con sorrisi e ironia.

Brave, Lucia e Lucia.

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