Le proiezioni della coscienza di Ligotti, il progetto firmato Condemi fa centro

6 Marzo 2023

E’ decisamente riuscito il progetto di Fabio Condemi, costruire una messa in scena intorno alla prosa macabra e oscura di Thomas Ligotti. Il Teatro India di Roma ha ospitato, dal 22 febbraio al 5 marzo, uno spettacolo di quelli che lasciano materiale di riflessione a chi, da spettatore, osserva la quarta parete. Pubblico che si è letteralmente immerso per 90 minuti nel climax di angoscia e ossessione che ha impregnato ogni angolo della composizione a puzzle posizionata sul palco.

Interni domestici, chiusi da porte, coperti da teli, racchiusi da finestre a scorrimento. Una casa che è più trappola che rifugio. Un puzzle di incastri posati su binari, giochi di avanti-indietro, accendi-spegni, luce-buio, candore bianchissimo delle pareti e oscurità dei sogni e dell’animo. Dualismi, che definitivamente, poi, esplodono nell’iconografia di Medusa, bellezza sconvolgente e orrore della morte insieme. La dea fa la sua comparsa, ingigantita e proiettata, nelle varie interpretazioni dei grandi pittori che nei secoli l’hanno rappresentata, lei icona ipnotica, tentatrice ma anche giudice inquisitore, e mai schierata tra le opposte fazioni delle scelte.

I quadri disciplinati da Fabio Cherstich sono intrisi di paura, terrore, di un sangue che scorre in sottili rivoli. Soft splatter. Sangue che è vita ma anche morte, generazione ma anche interruzione. La luce è una componente determinante nell’atmosfera di incertezza e inquietudine che si respira dal primo istante, sulla soglia del sonno. Proiezioni distorte della coscienza. Il tutto è sempre suggerito, mai dichiarato.
Vengono proiettati lucidi, una pellicola fa mille giri per poi arrivare sul fondo e sostanziare per immagini un racconto. Un microfono dà sfogo a un monologo da talk show, da un buco esce un ciuffo di capelli. Dalla cornetta del telefono il racconto di un allucinazione. C’è spazio anche per una decalogo che smonta la necessità per la società di procreare. Geniale.
Sullo sfondo, i ponti di una città spettrale e desolante.

Intensi e appieno nei rispettivi ruoli gli attori Carolina Ellero, Julien Lambert, Francesco Pennacchia
e con loro la piccola Ludovica Marsilii. Personaggi incapaci di comunicare, sempre e terribilmente soli nel racconto. Incompresi, disperati ma senza perdere il contegno. Le silenti catene del conformismo

Nottuari è una produzione che, lo ricordiamo, ha visto collaborare Teatro di Roma con LAC Lugano, Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato, e Teatro ERT Emilia Romagna. Musiche originali di Paolo Spaccamonti, sound designer Andrea Gianessi.         

Foto di Claudia Pajewski

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