“Uno sguardo dal ponte”, Popolizio fa centro con l’adattamento di Miller. Roma in visibilio.

Un successo di pubblico roboante, che ha portato il Teatro Argentina di Roma ad allungare la programmazione fino al 5 aprile. “Uno sguardo dal ponte”, l’ultimo progetto firmato Massimo Popolizio, produzione Compagnia Orsini, ha vinto e stravinto. Eh sì che non era per niente semplice trovare nuovi spunti intorno a un testo, il capolavoro di Arthur Miller, rappresentato in scena sin dal 1955.
La chiave della riuscita, a nostro parere, risiede nell’impianto registico, che contiene tutti gli elementi divenuti cifra distintiva dell’artista romano, che nell’occasione è abile a sintetizzare i linguaggi potenziali della rappresentazione. Primi, secondi piani, campi lunghi, controluce che pescano dalla cinematografia e, trasposti nella quarta parete con gli schemi del teatro, funzionano. La scenografia, con la presenza del ponte, aggiunge un livello fisso di sfondo rispetto all’interno domestico dei Carbone.

E poi lo svolgimento, che inizia dalla fine, da che cioè la tragedia si è compiuta. Per voce dell’avvocato Alfieri (Michele Nani), che ricopre un ruolo in stile coro greco, il pubblico viene introdotto in una vicenda famigliare e morbosa già sapendo che Eddie Carbone – Popolizio (al solito in grande spolvero) è già morto. La vicenda, che ricordiamo trasse spunto da un fatto di cronaca nera, predispone diversi piani narrativi, diverse storie di vita, di speranza e di disperazione, di morbosa possessione. Di quando gli italiani salpavano a migliaia verso la terra promessa, l’America. Migranti su navi, attraversando un oceano di sogni.

Per chi ce la faceva, e non erano tutti, Miller racconta che si trattava di cominciare una nuova vita dal nulla, senza un lavoro garantito e senza, in tanti casi, un tetto per dormire. Ma anche laddove all’arrivo si poteva contare su di un appoggio, la convivenza forzata non era sempre a rose e fiori. Nelle relazioni subentravano rapporti di sangue, maschilismo, patriarcato, prepotenza, autoritarismo diffuso. Dinamiche anche ancestrali, figlie di un’ignoranza di fondo e di un estrazione popolana che erano sì garanzia di ingenuità ma impedivano di allargare le vedute, di evolvere, di accettare i passaggi della vita (degli altri). Figurarsi se il tema del contendere – e veniamo “al nocciolo” dello spettacolo – è una giovane ragazza, che vuole andare in sposa di uno sconosciuto – un picciotto biondo normanno, propenso al ballo e al canto – ospitato dallo zio innamorato. C’è sì, nell’etere, dell’amore, neanche poco. Ma coesiste, con una complicità e una reverenza che sconfina in territori incestuosi. Il bacio arriva, nel momento in cui per il maschio dominante diventa necessario marcare il territorio. Da questo momento la drammaturgia accelera il ritmo e i toni tragici, la cattiveria si fa perfidia e tradimento. Subentrano il codice d’onore e la vergogna, la violenza e la vendetta. Fino alla chiusura del cerchio, di nuovo nelle parole dell’Alfieri. Con dei quadri che vengono lasciati, forse volutamente, aperti.

I personaggi – Valentina Sperlì, Michele Nani, Raffaele Esposito, Lorenzo Grilli, Gaja Masciale, Felice Montervino, Marco Mavaracchio, Gabriele Brunelli – sono espressivi, caratterizzati, con una cura particolare per i dialoghi. Ora in italiano, ora in siciliano italianizzato, ora in siciliano profondo. A seconda del livello di emancipazione degli adulti, e con un cambio generazionale che suggerisce passi in avanti più decisi verso l’integrazione. L’ America è opportunità anche al di fuori delle cerchie di provenienza e di Brooklyn, vicino ci sono le luci di Broadway e le towers si Manhattan. Gli interpreti più giovani lo capiscono, e per questo vengono visti con diffidenza dal “capo branco”. Che si sente tale ma in realtà ha le sue debolezze ed è costretto, a volte, infine inesorabilmente, a cedere.

Foto di Yasuko Kageyama.

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Uno sguardo dal ponte

di Arthur Miller
traduzione Masolino D’Amico
regia Massimo Popolizio
con Massimo Popolizio
Valentina Sperlì, Michele Nani, Raffaele Esposito, Lorenzo Grilli,
Gaja Masciale, Felice Montervino, Marco Mavaracchio, Gabriele Brunelli

Fino al 5 aprile – Teatro Argentina Roma

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